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Frankenstein

Regia di James Whale vedi scheda film

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La recensione su Frankenstein

di scapigliato
8 stelle

Si riuniscono per l’occasione alcuni degli attori “gloriosi” del grande successo precedente di “Dracula” di Browning. Vengono affidati a James Whale, e orfani di Bela Lugosi che non voleva recitare muto, iniziano questa nuova avventura del terrore. Gli Horror della Universal hanno avuto il pregio di codifcare l’immaginario horror cinematografico. La letteratura ci aveva già pensato, ma tutti sappiamo bene che letteratura e cinema e teatro, sono tre linguaggi diversi, avvicinabili e integranti, ma diversi. Così, mentre i primissimi cortometraggi muti o gli autorevoli gioielli espressionisti degli anni ’20 avevano utilizzato le icone del terrore per sperimentare il cinema, ed esemplificare la follia dell’uomo moderno, i film della Universal volevano solo suggestionare lo spettatore. E farlo grazie ad una storia, a dei personaggi, e a delle immagini. Se noi oggi riduciamo all’essenziale ogni film che vediamo, vi troveremo sempre queste tre preferenze ben evidenti (sempre stando alla qualità e alla bravura di regista, attori e sceneggiatori), perchè sono i 3 elementi basilari per creare un film che rimanga, oggi come domani. Il risultato è di enorme valore perchè da quel 1931 in avanti sono stati creati motivi e temi che, accompagnati poi da più stili e più registri narrativi, hanno saputo utilizzare l’horror come miglior via per la rappresentazione (e questo va detto anche per il western).
Mentre guardavo il film, e lo paragonavo agli horror più belli da Romero in avanti, mi son chiesto che gusto avesse questo “primitivo abbozzo di cinema della paura”. Be’, di paura non ne fa, o forse la faceva ai suoi tempi; inquietare non inquieta, come fanno oggi i film dei Carpenter, dei Craven, degli Argento, dei Bava, dei Fulci....; disturbare le menti benpensanti, nemmeno. Quindi? Quindi questi horror in bianco e nero, che risentono ancora dell’espressionismo tedesco e delle condizioni del muto, hanno la capacità di portarci come dentro le pagine ingiallite dei vecchi romanzi del terrore. Hanno la capacità di condurci all’embrione horror, all’archetipo, al mito! Noi oggi ci affogghiamo, fortunatamente, nella visionarietà di autori estremi che fanno dell’horror la loro ribellione, ma non possiamo dimenticare l’inizio evocativamente indiscutibile di quelle icone, di quei volti, di quei bianchi e nero, così unici da diventare personali in ognuno di noi.

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