Regia di James Whale vedi scheda film
C’è stata un’epoca in cui era il furor di popolo, e non i dogmi, a porre un limite alla ricerca medica; però, allo stesso tempo, non faceva scandalo pensare che il crimine fosse una tara congenita, indelebilmente scritta nel tessuto cerebrale. Difficile stabilire dove si collochi l’oscurantismo, se nel fatalismo di chi crede che la vita, la morte, il male siano frutto di una immodificabile predestinazione, oppure nell’ingenuità di chi pone una fiducia illimitata nella fondamentale bontà dell’uomo e della sua scienza. Forse gli estremi opposti si equivalgono, perché ugualmente distanti dalla giusta via di mezzo, che non è quella comoda dell’ignavia e del compromesso, bensì quella, oltremodo accidentata, dell’eterno dubbio. La vicenda di Frankenstein è un campanello di allarme, proveniente dall’era pre-industriale, che scuote le certezze dell’homo technologicus, ricordandogli che il rischio è l’implicazione più naturale della temerarietà, anche e soprattutto quando questa è tradotta in esperimenti ed invenzioni. L’astratta perfezione di una formula può degenerare in mostruosità quando, uscita dall’ambiente esclusivo e asettico del laboratorio, viene messa a confronto con la realtà del mondo. L’idea, impastata di carne e dotata di gambe e braccia, non ha più l’inattaccabile purezza del prodotto intellettuale, perché è diventata un essere vivente, e, in quanto tale, partecipa a pieno titolo all’imperfezione del creato. Se è vero che la nostra conoscenza è destinata ad essere sempre incompleta, e che non ci è dato di prevedere ciò che accadrà in futuro, noi non sapremo mai del tutto ciò che ciò facciamo, e quali potranno esserne gli effetti. La prudenza è un fatto di coscienza pratica, oltre che di equilibrio mentale e di modestia etica: l’uomo redivivo, con i punti di sutura e gli elettrodi nel collo, non è soltanto un errore ambulante, ma è, molto più criticamente, l’assassino inconsapevole ed incolpevole, che uccide sorridendo, mentre gioca con le margherite, perché, chi l’ha partorito, non ha avuto la possibilità di insegnargli come ci si comporta. La geniale immaginazione di Henry Frankenstein diventa così un macigno ingovernabile, che si muove a ruota libera schiacciando ogni cosa al suo passaggio; la poetica levità del pensiero, che spazia con agilità negli spazi della trascendenza, a volte può diventare materia pesante e volgare come il piombo, quando, avventatamente, la si fa precipitare sulla terra.
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