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Una donna da uccidere

Regia di Yves Boisset vedi scheda film

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La recensione su Una donna da uccidere

di hupp2000
8 stelle

Julie Bellenger ha trascorso cinque anni in una clinica psichiatrica. Una volta guarita, viene assegnata come  governante di un ragazzino di sette anni, erede di una immensa fortuna, tenuto all’oscuro della recente morte di entrambi i genitori e affidato allo zio paterno. Un giorno, il bambino, la governante e l’autista dell’auto che li accompagnava vengono sequestrati. La donna viene costretta a redigere una lettera nella quale si autoaccusa del fatto e richiede un cospicuo riscatto. Riesce a sottrarsi alla prigionia insieme al piccolo, ma la sua lettera è stata resa pubblica da stampa, radio e televisione. La sventurata si ritrova così ad essere ricercata come malata mentale in fuga con un giovanissimo ostaggio.

 

Questa è solo l prima parte del film, un avvincente “noir”, tipicamente anni ’70, ma anche un thriller, un road movie, un film d’avventura, con un paio di ottimi colpi di scena e un ritmo che non conosce battute d’arresto. La tensione è presente scena dopo scena e la vicenda prende una piega talmente insopportabile da far disperatamente auspicare, e in fin dei conti giustificare, un lieto fine, una volta tanto più liberatorio che consolatorio.

 

Accompagnata e sospinta dal più noto dei motivi de “La forza del destino” di Giuseppe Verdi, rivisto e adattato dal prolifico Philippe Sarde, la rocambolesca avventura poggia altresì sulla qualità dei suoi interpreti, prima fra tutte Marlène Joubert, pronta di riflessi non solo fisici, intelligente e intensa, ma soprattutto impeccabile nel suo rapporto con il bambino che le era stato affidato. Un bambino-attore che, qua e là, riesce a rubarle la scena. François Truffaut ci ha sensatamente insegnato che i bambini sono “naturalmente” attori superiori. Il ruolo di sequestratore cinico e crudele calza ovviamente a  pennello a Tomas Milian, all’epoca bello come un dio, anche se la sua parte, annunciata come principale insieme a Marlène Joubert nei titoli di testa, risulta a conti fatti di secondo piano, rispetto ad altri protagonisti tra i quali spicca la figura inquietante dell’ambiguo zio, spendidamente incarnata da Michael Lonsdale, immenso attore dalla voce soave, classe 1931, al quale auguro altri anni di gloriosa carriera.

 

Il film è introvabile, ma lo si può vedere su Youtube in versione originale. Qualità accettabile.

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