Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Sesto film di Manoel de Oliveira, girato all'età di 72 anni, ultimo capitolo di una tetralogia degli amori frustrati, "Francisca" è uno di quei film che possono essere definiti estremi, anche se lo risulta soprattutto dal punto di vista formale/stilistico più che nei contenuti, una sfida al cinema tradizionale, una pellicola che già nel 1981 risultava fortemente letteraria e per certi versi anacronistica, rigorosa nell'approccio visivo e spesso di grande bellezza nella composizione figurativa.
La storia di due aristocratici, di cui uno è lo scrittore Camilo Castelo Branco, amico di José Augusto che si innamora di Fanny Owen e la rapisce di casa ma poi, di fronte a una presunta prova di infedeltà forse procurata dallo stesso Camilo, diviene morbosamente geloso fino a condurre la dolce e un po' svanita Fanny alla morte. Dal romanzo "Fanny Owen" di Augustina Bessa Luis che sarà anche in futuro fonte di ispirazione del suo cinema, Oliveira realizza un melodramma raffreddato che guarda sicuramente ad illustri modelli come Visconti, ma giocato su lunghe sequenze dove dominano i piani fissi prediletti dal regista, con rari movimenti di macchina, la scenografia e i costumi sono di precisione maniacale, i dialoghi sono spesso fitti e dall'impronta fortemente "aulica", la recitazione è impostata su una sorta di straniamento brechtiano che ci fa avvertire l'artificio alla base di tutta l'operazione. È un'operazione che si ammira per l'intransigenza della visione registica e per l'originalità espressiva di molte singole sequenze (ad esempio il banchetto nuziale "muto" risolto con un long take a camera naturalmente fissa), ma il carattere eminentemente intellettuale del film e delle scelte registiche rischia di alienare l'apprezzamento di un pubblico meno preparato e ancora ignaro della singolare personalità del cineasta portoghese.
Il ritmo dell'azione è volutamente lento, i tableaux vivants sono seducenti per l'occhio e rafforzano il coefficiente cinematografico di un film che a molti potrà apparire gelidamente teatrale; molto buone le prestazioni del trio di protagonisti, con una Teresa Meneses che restituisce con bravura il calvario laico di Fanny, trovando un'adeguata intensità di accenti, accanto a cui figurano molto bene le maschere scarnificate di Diogo Doria e Mario Barroso, attori fra i più rinomati del panorama portoghese dell'epoca.
Uno dei vertici della carriera di uno dei maestri del cinema europeo degli ultimi 30/40 anni, film ancora poco conosciuto da noi ma da riscoprire per le nuove generazioni.
Voto 9/10
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