Regia di Alberto Cavallone vedi scheda film
Devo ancora metabolizzarlo, ma L'uomo, la donna e la bestia è sicuramente uno dei film più scomodi, accusatori e anarchici mai prodotti in Italia. A. Cavallone era un iconoclasta, un colto provocatore, uno tanto sbeffeggiato dalla società quanto lui ne era l'analizzatore e il documentarista surreale, uno che preferiva essere dimenticato e non visto piuttosto che accettare compromessi che avrebbero snaturato il suo pensiero e il suo stile: che le sue idee fossero condivisibili o meno, oppure in parte, non si può negare almeno qui il sicuro interesse del suo operato antropologico unito a riferimenti culturali di nicchia e il talento visivo, antinarrativo ed essenziale, ossessivo e misterioso. Un film però più inquieto che inquietante, eppure fondamentalmente sconsolato, distaccatamente aggressivo e per diversi aspetti sconcertante. 8
Una comunità laziale in provincia di Roma è divisa tra la festa patronale e le proprie ossessioni di natura erotica, liberate dall'arrivo di un vagabondo (alter ego dello stesso regista), con reinventati riferimenti a Pasolini e Bunuel, e con citazioni di Max Ernst, Courbet, Bataille, Sade e Lautréamont.
Claudio Tallino e un brano dallo stupendo Peer Gynt di Edvard Grieg.
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