Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film
Il grande cinema tedesco degli anni settanta incontra la grande letteratura tedesca di Günter Grass. Schlöndorff realizza il suo capolavoro, portando sullo schermo le vicende grottesche di questo bambino che si rifiuta di crescere, dopo aver compiuto i tre anni di età nella città libera di Danzica, luogo natale di Grass, in bilico fra la Polonia e la Germania. Oskar, come una specie di grillo parlante, batte sul suo tamburo di latta e il suo urlo spezza i cristalli (triste profezia), nel tentativo di mettere in guardia gli adulti sulla tragedia incombente. I suoi occhi sbarrati si sorprendono della stupidità umana, del dolore, dell'ipocrisia, prima, della sua famiglia e, poi, di un popolo, quello tedesco, sempre più cieco di fronte alla violenza nazista. Un apologo di grande respiro, che si muove con ancate felliniane, fra piccoli nani nazisti, sottile erotismo e squarci beffardi, come nella straordinaria presa in giro dell'adunata nazista di Danzica. Forse tirato un po' per le lunghe, ma capace di sorprendere e affascinare, con questo suo ciondolare fra la commedia e la drammaticità: visto oggi pare quasi un film balcanico, una rappresentazione della guerra e delle sue tragedie nello stile di Kusturica. Premiatissimo, avendo sbancato Cannes nel 1979 e avendo vinto l'Oscar per il miglior film straniero nel 1980: Hollywood, a quel tempo, aveva coraggio e visione. Oggi, un film così, non sarebbe nemmeno preso in considerazione. Molto bello.
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