Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film
Oskar è un bambino che al terzo anno di eta' decide di non voler crescere piu' e di gridare al ritmo di un tamburo di latta il suo disappunto per l'ipocrisia umana che lo circonda. Il piccolo Oskar decide di mostrarsi "anormale" visto che la "normalita'" è quella che sta producendo la follia nazista e il bieco conformismo della massa belante per i nuovi padroni della Polonia. Contro queste e altre angherie Oskar si ribella con urla liberatorie tanto potenti da spaccare i vetri che si manifestano soprattutto quando qualcuno vuole portargli via il suo tamburo,il suo stumento linguistico ,tutto il suo mondo comunicativo. Dal romanzo omonimo di Gunter Grass,Schlondorff ne ricava un film (che,per precisione si ricorda,vi si riferisce per soli due terzi e cioè dalla nascita di Oskar fino al momento della sua decisione di ritornare a crescere) affascinante e dalla discreta quanto difficile resa filmica dato che si tratta dell'adattamento di un capolavoro della letteratura del novecento nonchè di uno degli esercizi piu' riusciti in fatto di sperimentazione linguistica. Il punto di pregio del film è certamente rappresentato dall'interpretazione di David Bennet (figlio di Heinz Bennet che nel film compare come lo zio ortolano) un dodicenne basso di statura che rende benissimo tutti i tratti della personalita' Oskar che chiaramente varia col passare degli anni e delle situazioni. Il suo sguardo allucinato è cio' che piu' ci restituisce lo spirito e le intenzioni del romanzo. Per Grass quello sguardo doveva rappresentare la portata,grottesca e visionaria insieme,del rifiuto in tono solenne del mondo disumanizzato dei grandi. E' un buon film il "Tamburo di latta" di Schlondorff (ma,urge sottolinearlo,non meritava di vincere la palma d'oro a Cannes ex aequo con quel capolavoro epocale che è Apocalypse Now di Coppola) e anche se non rende completamente giustizia alla complessita' e multiforme bellezza del romanzo (era possibile farlo?) va dato atto al regista di aver fatto un buon lavoro di sintesi che non ne ha svilito lo spirito di fondo.
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