Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film
Il romanzo di Grass trasportato sulla pellicola da Schlondorff sortisce un esito discreto. Perchè è un film ben fatto e raramente noioso nonostante la mole della materia narrativa (e le due ore e un quarto di durata). Ma è pur sempre la storia di un (eterno) bambino che infantilmente non riesce ad accettare l'esistenza di un mondo attorno a sè, dove chi comanda non è lui, dove occorre rinunciare all'egoismo ed imparare ad apprezzare anche gli altri, persino quando non ci piacciono e quando conviene obbedire in silenzio. Oskar è l'emblema dell'infanzia, in questo senso; è anche una metafora dell'immobilità prodotta dal nazismo, di un popolo che rifiuta di crescere in un ambiente sordido ed ostile. Oppure, come sempre, questo è soltanto ciò che io ci ho visto. Apprezzabile senza entusiasmi particolari.
Anni '20 del Novecento. Oskar ha tre anni quando riceve un tamburello di latta in regalo. Odia il mondo degli adulti e in particolare i suoi genitori, che lo trattano male (e a quanto sembra il suo vero padre è pure un altro); smette di crescere psicofisicamente per sua stessa decisione ed affronta per circa venti anni la vita nel corpo di un bambino. Con li tamburello assorda chiunque, con la voce stridula scopre di poter rompere persino i vetri. Nel frattempo comincia la seconda guerra mondiale; sua madre ed il patrigno muoiono per responsabilità anche di Oskar, che sfrutta i suoi 'poteri' partendo con un circo. Poi l'inaspettata morte del padre lo convince a smetterla di 'fare il bambino' e ricomincia finalmente a crescere.
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