Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film
Più illustrativa che profonda, la pellicola riduce a una certa funzionalità razionale le geniali intemperanze e le interazioni introspettive del romanzo forse davvero impossibili da rendere con corrispondente forza attraverso le immagini. Al suo attivo,la scelta vincente del protagonista che è il vero punto di forza dell'operazione.
Che questa pellicola abbia ricevuto a Cannes la Palma d'oro nel 1979 ex-aequo con "Apocalypse Now" (oltre che l'oscar per il miglior film straniero), è un'altra incomprensibile "incongruenza" dei premi. Intendiamoci: ci troviamo di fronte a un film tutt'altro che disprezzabile (anzi!!) ma è improponibile, nonostante i molti pregi, a mio avviiso l'accostamento con la monumentalità travolgente della pellicola di Coppola. Valutiamolo allora per quello che è davvero, non per quello che volevano farlo sembrare con quella celebrazione "pari merito" veramente "eccessiva". "Il tamburo di latta" è l'adattamento (solo parziale: ci si limita soltanto ai primi due terzi e poco più) del romanzo di Gunter Grass (scrittutra del copione e sceneggiatura a cura di Jean-Claude Carriére). Una trasposizione soltanto in alcuni tratti capace di restituirci intatta la straordinaria dimensione barocca, con forti connotazioni anche parodistiche e ascendenze fra il realismo fantastico e l'onirico, della scrittura del grande romanziere tedesco.forse davvero "visivamente" irrappresentabile. Si è scelto quindi una necessaria "mediazione" che rende meno "innovativo" anche se ugualmente interessante - accattivante - il percorso. La storia è quella di un bambino - Oskar Maatzerath - che ha lo "scomodo privilegio" di maturare in un periodo che potremmo definire come "l'epicentro della guerra futura". Si rifiuterà ( per questo, ma non solo) di diventare adulto per un lunghissimo lasso di tempo (dalla nascita nel 1924, fino alla data della sua partenza verso sud - dopo aver accompagnato al cimitero la madre e i suoi due presunti padri, -nel giugno del 1945. Da quel momento il ragazzo - il tamburino di Danzica appunto - accetterà (ma questo accade solo nel libro perchè sullo schermo non viene rappresentato)di crescere e acquisire l'identità di un adulto, quella fortemente emarginata di un "nano con due gobbe", persino un pò pazzo probabilmente (comunque da ricoverare in manicomio per le sue "diversità") . Schlondorff si limita invece a raccontare "semplicemente" le avventure di un ragazzino ribelle e asincronico rispetto agli schematismi iipocriti, che protesta contro le follie della società battendo forsennatamente il suo tamburo e urlando così forte da spaccare i vetri, così da non passare inossservato e risultare fortemente "urticante". Figlio di una madre troppo condiscendente e disponibile (oltre che di due padri, l'uno tedesco; l'altro polacco) il bambino si troverà a cobattere la sua personale battaglia contro le imboscate della storia quasi come on una saga parodistica, lottando senza successo - come fa Don Chisciotte con i mulini a vento - contro la realtà strafottente degli adulti. Più meramente illustrativa nell'evidenziare i fatti, che "profonda" nell'analisi del contesto, la pellicola riduce spesso a una certa "funzionalità razionale" le geniali intemperanze e le iterazioni intersettive dello s rittore, forse davvero impossibili da essenzializzare adeguatamente attraverso le immagini. Fortemente riduttivo allora (ma stimolante). Possiamo tuttavia mettere all'attivo del risultato una manciata di "intuizioni" felicemente coerenti (e positivamente risolte) oltre cha la scelta davvero "vincente" del protagonista (il ragazzo-attore David Bennent, classe 1966) che è il vero punto di forza dell'operazione, un adolescente piccolo di statura, che riesce ad essere credibile sia negli anni della prima infanzia, che in quelli dell'adolescenza .. un piccolo folletto sfrontato e dissociato che col suo implacabile sguardo "discordante" rè capace di mettere alla berlina, fustigandole, tutte le incongruenze degli adulti che lo circondano, stigmatizzandone le atroci , risibili futilità che contrappuntano atti e comportamenti.
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