Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Il cantante rock che si aggira per il film in preda ad un indefinibile strazio somiglia fisicamente a Kurt Cobain, ma si chiama Blake. E nella colonna sonora non c'è traccia della musica dei Nirvana. Ben lungi da essere un classico biopic, tipo The Doors o Ray, Last Days non ricostruisce una vita o una carriera, bensì solo gli ultimi giorni di Blake, ispirandosi alla vicenda di Cobain.
Last Days è una variazione sul tema di Kurt Cobain, come anche Elephant era una variazione sul tema del massacro di Colombine, una personale reinterpretazione dei fatti da parte di uno dei pochi registi americani che ancora preferiscono la sperimentazione alla salsa hollywoodiana.
Dati alcuni elementi di partenza, e noto il finale, in questo caso il suicidio di una stella rock nella sua villa, Gus van Sant si domanda quale possa essere stato il percorso del personaggio sino a quel punto d'arrivo. Questa ricostruzione passa attraverso una forma di oggettivazione personale degli eventi: i gesti quotidiani e le persone vengono seguiti dalla macchina da presa, il cui sguardo non impone né pretende spiegazioni. Si tratta una sorta di pedinamento poetico, perché la macchina da presa praticamente si incolla a Blake, lo segue con inquadrature lunghe, montaggio minimo, dialoghi rarefatti. Spetta allo spettatore disponibile tradurre le immagini in concetti o emozioni perché le parole sono quasi assenti. I pochi personaggi comunicano pochissimo tra loro, si limitano ad aggirarsi davanti alla macchina da presa, a volte canticchiando qualcosa. Blake addirittura si esprime per lo più a grugniti e frasi sconnesse, parlando più a se stesso che agli altri.
Blake si trascina il peso di una vita insoddisfacente e a lui estranea, diventa l'icona di un Cristo trash, decisamente strafatto, che si muove senza meta nella villa e nella campagna circostante, mosso da bisogni fisiologici e dal tentativo di esprimersi, a parole o in musica, sino a quando non lo scopriamo esanime.
Poi, più libero, può alzarsi e allontanarsi dalle spoglie mortali, mentre attorno a lui la parvenza della normalità imperterrita continua.
Ed è difficile uscire dalla sala cinematografica per tornare nella realtà senza rimanere per un po' di tempo partecipi della viscerale tristezza che il film emana.
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