Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Noi e loro. I cittadini del mondo ricco e i nuovi barbari. Accoglienza e rifiuto. Solidarietà e diffidenza. Tolleranza e razzismo. Ospitalità e disprezzo. Sono solo alcune delle dicotomie che sostentano e sostengono quasi tutto il cinema italiano che mette in scena, romanza, rappresenta il contraddittorio rapporto tra la nostra società, la nostra psicologia, la nostra cultura e gli ”alieni”: i migranti, i clandestini, gli “altri” che arrivano mossi, per lo più, dalla povertà, dal bisogno, dalla disperazione. Il fenomeno non è più inedito e quelle dicotomie non bastano più a spiegare, analizzare o semplicemente a nominare un malessere, un reciproco spiazzamento, a fluidificare una forma narrativa. Quel fenomeno ha prodotto una massa, un fiume di immagini di cronaca e molte immagini cinematografiche che hanno saturato gli interstizi della nostra memoria visiva. È un dato acquisito. Una constatazione. Una consapevolezza cinematografica. Una retorica vincolante e alla quale, però, si dovrebbe sfuggire. Un bravo e serio regista come Marco Tullio Giordana e due valenti sceneggiatori come Sandro Petraglia e Stefano Rulli in alcune scene del film, in alcuni dialoghi, nel colorare alcuni personaggi, nel risolvere alcuni contrasti non sono riusciti a elaborare bene quelle dicotomie o a superarle. Dopo la nave schiacciata dal peso dei moderni naufraghi nelle sequenze da Apocalisse de Lamerica di Gianni Amelio, la carretta del mare rigurgitante facce attonite, buste di escrementi, ghigni strafottenti, mele marce, con due squallidi Caronti, due manovali del crimine che trasportano miserabili e riportano in Italia e alla sua vita agiata Sandro, un ragazzo bresciano di dodici anni, caduto incidentalmente in mare durante una crociera con suo padre nel Mediterraneo non aggiunge senso al già noto e visto. Quel viaggio di ritorno e la sosta nel Campo dove sono sistemati i boat-people sono le parti più deboli del film dopo un avvio abbastanza convincente nella fabbrica multietnica del padre (Boni) del ragazzo, nella quotidianità benestante di una ricca città di provincia e nelle acque scure che inghiottono Sandro. Prima di avere un’anima adulta il giovane protagonista capisce che l’amicizia è un lusso che non tutti possono permettersi e che integrazione e convivenza sono nient’altro che due belle parole.
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