Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Se ne sentiva il bisogno? Lo dirà il botteghino, anche se il sospetto è che gli autori, i fratelli Vanzina (alla sceneggiatura hanno collaborato anche Piero De Bernardi e lo stesso Claudio Amendola), più che del Monnezza abbiano nostalgia di una precisa stagione del nostro cinema popolare. Lecito. E condivisibile: ne abbiamo nostalgia anche noi. Tuttavia conviene aprire gli occhi: “quel” cinema è morto, sepolto e non più resuscitabile. Per mille motivi: di contesto, di capitali, di storie, di facce, di pubblico. E di talenti: non ce ne vogliano Carlo ed Enrico ma con il loro babbo, con i Corbucci, i Lenzi, i Sacchetti, i Massi era tutta un’altra cosa. Il ritorno del Monnezza è un film inconsistente e triste, realizzato come un telefilm (secondo lo stile “pretelevisivo” che è da sempre la cifra dei Vanzina) e con una seconda parte, quella per così dire d’azione, che rivaleggia per forme e contenuti con Alex l’ariete. Il trucidume di Giraldi/Amendola è presunto, posticcio, chiamato, niente a che vedere con quello di Tomas Milian, che un poco c’era e non solo ci faceva. È didascalico il populismo (che scena è quella del parcheggio dei disabili?) e poco comiche le battute. Abbiamo esaurito gli eufemismi. Proprio tutto tutto da buttare? No, del Monnezza fa ridere la suoneria del cellulare. Se ne sono accorti anche gli autori, che ce la fanno ascoltare quattro volte.
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