Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Un monito per chiunque abbia occhi per guardare e orecchi per ascoltare: pochi.
Per l'uomo moderno, un film come il Francesco è un tonante pugno nello stomaco. Ma come? noi ce l'abbiamo messa tutta per negare Dio, e ce lo vediamo spuntare così, nella sua disarmante bellezza, e ci troviamo inermi e impreparati a spiegare con le parole del nostro fiorito, ma arido, linguaggio tecnico, ciò che stiamo vedendo. Eppure, le crepe nel monolite di questo mondo attuale vanno estendendosi e approfondendosi ogni giorno. Le istituzioni secolari, il denaro, la scienza, rivelano continuamente la loro fallibilità. La superbia dell'individuo in sé, e del genere umano in senso lato, ha raggiunto vette insostenibili, tali da dover esigere un ripensamento. E se ci stessimo muovendo nella direzione sbagliata? Se quel termine sommo, quella perfezione scientifica e sociale, cui pensavamo di tendere non fosse altro che un vano idolo? Se la verità s'annidasse invece - nella polvere? Dio parla attraverso l'ignorante, l'umile, il fanciullo, non già attraverso il sapiente, il superbo, il fariseo. L'ignorante - Fra' Ginepro - non sa: la sola scienza che possiede è quella sensuale. Ginepro agisce e giudica il mondo secondo ciò che esperiscono i suoi occhi, i suoi orecchi e il suo naso. Non fa del bene con la superbia di farne, perché non sa che cosa sia il bene. L'azione non è il frutto di un processo razionale, ma al contrario di una liberazione dai processi razionali - se io donassi il mio abito, rimarrei nudo, e morirei di freddo, quindi non lo dono; ma se io non so che morirei di freddo, lo dono. Tanto più l'uomo si spoglia di tutti gli strumenti di soperchieria di cui si è dotato - la ragione, il denaro, il possesso - quanto più s'avvicina all'attimo della Creazione, e quindi al Creatore. Francesco in questo film appare più come un Socrate - che pungola i seguaci affinché abbandonino la fortezza delle certezze passate - che come un santo. Egli stesso contempla la semplicità di Ginepro e di Giovanni, e sente di non esserne provvisto, o degno. Permane in lui un lacerto dell'uomo di mondo che fu, nei suoi atti di continua contrizione, nei suoi fallimenti, che fanno da contraltare ai trionfi di Ginepro.
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