Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Il patrono d'Italia tra gioia e rivoluzione.
Bisogna rischiare tutto per non perdere niente. La follia di Francesco e dei suoi discepoli è affrontare la vita come un viaggio contemplativo e attivo. Nella parabola del povero di Assisi c’è la necessità di esaltare la natura in ognuno dei suoi fenomeni tutti necessari al disegno generale della nostra permanenza terrena. Prima della religione c’è la non-violenza con cui si risponde alla violenza del tempo, nel medioevo porgere l’altra guancia poteva spiazzare il nostro interlocutore abituato a ragionare nei termini dicotomici di amico-nemico. Prima della religione c’è il ritorno ad un impiegare attori non professionisti puri ingenui e neorealistici senza divi da santificare nelle vesti del protagonista. Prima della religione c’è la ricerca del reale fatto di momenti di convivialità quotidiana e di ordinaria frugalità che ti fa dare tutto quello che ricevi da quelli che hanno verso quelli che non hanno, liberati dall’obbligo del possesso per accogliere chiunque per apprezzare tutti. Prima della religione c’è la banalità del bene che ti spiazza sempre con la sua innocenza di chi non si aspetta nulla di materiale in cambio. Prima della religione c’è un accordo raro tra forma e sostanza del film fatto di una leggerezza mai agiografica, squarci di vita bozzetti nel senso letterario, come ritratti più vividi, racconti di vita ordinaria che aspettano lo straordinario come eccezione o imprevisto da affrontare in maniera concreta. Prima della religione c’era per il nostro un lutto personale che se sarà superato nel film successivo qui dimostra di accettarne la logica biologica attraverso le massime francescane della sopportazione della sofferenza. Opera vertiginosa senza un centro che non costruisce altari ma che semina un idea alternativa di cinema religioso.
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