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Crimen perfecto. Finché morte non li separi

Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Crimen perfecto. Finché morte non li separi

di degoffro
8 stelle

Rafael è l'incarnazione vivente dell'uomo di successo, quanto meno secondo i canoni moderni. Ambizioso, affascinante, seducente, circondato solo da donne bellissime che stravedono per lui, dal momento che, oltre tutto, è single ("C'è qualcosa di più attraente per le donne di un single? Riconoscono l'odore" afferma convinto e compiaciuto). Sul lavoro (è il capo del reparto donna di un grosso centro commerciale di Madrid) è un venditore formidabile ed infallibile: "un mago, una bestia, un animale nato per vendere", così viene definito nel divertente incipit incentrato sul training per il perfetto venditore. "Qui ho trovato il mio habitat, il mio rifugio. Sono il sacerdote di un tempio pagano". Nel suo mondo tutto è perfetto: "la luce, la musica, i colori, l'aroma." Rafael sostiene: "Io sono un uomo elegante che ha solo la pretesa di vivere in un mondo elegante. Chiedo troppo? Nell'attesa preferisco non avere niente piuttosto che essere circondato da oggetti volgari." Secondo il suo personale, presuntuoso e dunque discutibile punto di vista, "il problema della gente è che non ha gusto". La gente è infelice perché "vive circondata dalle cose che le piacciono, ma non osa andare a prendersele." Rafael invece quello che vuole lo ottiene, senza neanche troppa fatica, anche perché "le cose non si pensano, si fanno. Se ti fermi ad aspettare che succedano sei finito. La fortuna non esiste: bisogna guadagnarsela ogni giorno col sudore. Le opportunità sono lì che ti aspettano, bisogna solo avere il coraggio di afferrarle. Io non mi tiro indietro. Se vedo una cosa che mi piace, la prendo." Rafael è sicuro su tutto ma principalmente sul fatto che "personalmente preferisco morire che avere una vita mediocre come la maggior parte delle persone". Il suo mondo ovattato ed artificiale di certezze e vanità comincia però a vacillare quando gli viene preferito dalla direzione, quale capo dell'intero piano del grande magazzino in cui lavora, l'eterno rivale Don Antonio, responsabile del reparto uomo, un tipo al suo confronto insignificante e modesto, piuttosto basso e con un ridicolo parrucchino in testa, dall'abbigliamento e dai modi vecchiotti, oltre che dalle evidenti tendenze omosessuali. La situazione precipita infine quando, dopo che Rafael ha preso a male parole la cliente che, avendogli rilasciato il giorno prima un assegno di 12.000 Euro, scoperto, è divenuta la principale causa delle sue sventure, viene licenziato da Don Antonio e, in una lite con l'uomo, accidentalmente lo uccide. Involontaria testimone del delitto è Lourdes (già il nome è un programma), una bruttina stagionata che lavora come commessa nel negozio, da sempre innamorata in gran segreto di Rafael, ma da lui puntualmente ignorata ("Amo le donne, tutte quante. Beh quasi..."). La ragazza, all'apparenza così timida, insignificante e riservata, rivela in realtà un carattere ed una grinta da tigre e garantisce il suo silenzio per avere l'uomo della sua vita tutto per sé. Per Rafael inizia un vero e proprio incubo in cui da dominatore si trasforma, incredibilmente, in dominato: "Se pensate che mi spolpava come uno spiedino per placare la sua fame arretrata...avete ragione!" Rafael è oramai succube di una donna che, dietro perenne minaccia di denuncia, gli rivoluziona la vita lavorativa (via tutte le commesse/modelle, al loro posto ragazze tutt'altro che avvenenti e provocanti) e gli sconvolge quella privata, costringendolo persino a quel matrimonio che aveva sempre sbeffeggiato e denigrato, e per di più in diretta Tv, davanti ai suoi colleghi di lavoro, per cui ormai è diventato oggetto di scherno. "Era diventato una specie di gioco al massacro con una sola regola: se non avessi fatto esattamente quello che voleva sarebbe andata alla polizia. Tutto svaniva a poco a poco in un tunnel senza uscita!" L'ostentata sfacciataggine e la baldanzosa sicurezza dei tempi d'oro sembrano lontani anni luce: "Arriva un momento in cui la lucidità sparisce e cede il passo alla depressione; poi la depressione finisce e comincia la nevrosi. Da ultimo, solo nei casi gravissimi come in guerra o nei campi di sterminio, il soggetto cade in uno stato prossimo alla follia, la sua mente si disgrega, non è più capace di distinguere quello che è reale da quello che non lo è." A mali estremi, estremi rimedi. Non resta allora che elaborare il delitto perfetto, magari proprio con la complicità del fantasma di Don Antonio e studiando classici del cinema che vanno da "Estasi di un delitto" ad "Anatomia di un omicidio", fino naturalmente a "Delitto perfetto". Lo spagnolo Alex De La Iglesia prosegue il suo personale tiro al bersaglio contro i falsi miti della società contemporanea. Dopo la ricchezza e dunque l'avidità e la cupidigia, al centro del precedente, dissacrante, "La Comunidad" dominato da una travolgente Carmen Maura, in "Crimen perfecto" prende di mira il successo, la vanità, l'affermazione personale ad ogni costo, ma anche la vacuità, la volgarità, l'arroganza, il consumismo ed il materialismo, la furbizia e l'opportunismo di un mondo sempre più orientato all'edonismo sfrenato e all'egoismo spietato. La prima mezz'ora del film è, sotto questo profilo, esemplare, assai incisiva e convincente nel ritratto di un uomo che oggi, purtroppo, va per la maggiore: pieno di sè, autocelebrativo, senza scrupoli, puttaniere ed ipocrita, moderatamente bastardo che fa del piacere, dell'apparire e della menzogna il suo modus vivendi. Assai godibile anche l'analisi del confronto/scontro del protagonista con Don Antonio, culminante in una lite furibonda in cui Don Antonio rinfaccia a Rafael di essere una nullità che non ha nemmeno un abito di sua proprietà. Quando entra in scena Lourdes però, dalla velenosa satira sociale si passa alla farsa grottesca, sopra le righe ed esagitata tanto cara a De La Iglesias, anche se bisogna riconoscere che l'idea dell'improvviso ed inatteso capovolgimento dei ruoli tra i due protagonisti è assai indovinata. Non mancano poi i momenti divertenti ed esilaranti come la sequenza in cui il corpo di don Antonio viene fatto letteralmente a pezzi prima di essere bruciato o la cena a casa di Lourdes con il padre della ragazza perennemente addormentato, le continue razioni di minestra di ceci della madre e la sorellina di otto anni che sostiene di avere l'Aids perché violentata dal professore e di essere incinta di tre mesi. Il meccanismo però si fa più scontato e ripetitivo, certi personaggi non paiono essenziali (il fantasma di don Antonio con tanto di ascia in testa), altri, pur spassosi, sono pura macchietta (l'ispettore di polizia dagli occhi strabici - "Mi guardi dritto negli occhi."). I riferimenti hitchcockiani sono ovvi fin dal titolo, ma è soprattutto il ritmo che, specie nella parte centrale, si incarta. E la cattiveria sadica, tagliente, persino macabra di diverse pungenti e salaci battute della prima parte si stempera con il passare dei minuti, perdendosi in situazioni spesso telefonate o meccaniche, ai limiti dell'assurdo, quando non riciclate (viene per esempio in mente, in diversi passaggi, il cinema di Danny Devito, in particolare quello del suo esordio "Getta la mamma dal treno", impressione accentuata dal fatto che il personaggio di Don Antonio è doppiato da Giorgio Lopez, storica voce del piccolo attore americano). Il finale, con il trionfo personale della iena Lourdes e della sua folle moda pagliaccio è uno sberleffo irriverente, ma meno acido di quello che si potrebbe pensare. In fondo anche Rafael, creduto morto nell'incendio del centro commerciale, da lui stesso provocato, pirandellianamente si è rifatto una vita tutt'altro che disprezzabile, ed in buona sostanza, come ammette, non può certo lamentarsi. Anzi ci ha guadagnato in umiltà. E solo questa sarebbe per lui già una gran bella lezione di vita. In ogni caso l'immagine disumana e meschina nella quale inevitabilmente ci si deve specchiare è tutt'altro che rassicurante nel suo sarcastico ed impietoso realismo. Forse davvero l'unica cosa che ci meritiamo è lo schizzo in faccia (e sull'abito nuovo) di un bel pò di fango, come capita nell'ultima scena a Rafael. In questo senso De La Iglesia, pur con i suoi endemici limiti, non fa sconti per nessuno. Buone le prove dei due protagonisti (Giullermo Toledo e Monica Cervera), anche se il migliore in scena è il formidabile Luis Varela nei panni di Don Antonio e ottime le musiche di Roque Banos. Peccato non avere mantenuto nel titolo l'ironia dell'originale "Crimen ferpecto", omaggio al fumetto "Asterix e gli allori di Cesare" in cui Obelix, ubriaco, ripeteva di continuo "ferpettamente", ma ben esplicitato anche nella spassosa sequenza in cui Rafael, per mettere in atto il suo piano, acquista in videoteca, tra gli altri, il film di Hitchcock, sulla cui fascetta c'è scritto "ferpetto", anziché "perfetto", suscitando la sua disperazione, incomprensibile agli occhi della commessa ("E' perfetto con la P, mentre lì c'è scritto ferpetto con la F. C'è scritto ferpetto perché?" chiede irritato Rafael. "Sarà un errore." risponde la cassiera. "Non possono esserci errori. E' perfetto...perfetto!"). Scritto dal regista con il fidato Jorge Guerricaechevarria. Nomination quale miglior regista agli European Film Awards (vinse Michael Haneke per "Niente da nascondere"), 6 nominations ai Goya: ai due protagonisti, a Luis Varela come migliore attore non protagonista, alla scenografia, agli effetti speciali ed al suono (era però l'anno del trionfo di "Mare dentro" di Amenabar). Piccola curiosità: nell'ultima scena molti dei giornalisti e dei pagliacci sono interpretati da fan del regista, da lui stesso invitati sul set tramite il suo sito internet ufficiale.
Voto: 6/7.

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