Regia di Kim Ui-seok vedi scheda film
Amicizia, onore, sangue, amore, morte, guerra, potere: tutti gli ingredienti classici si ritrovano messi belli insieme in Sword in the Moon. Che non è King Hu, d’accordo, ma non è per fortuna neanche Zhang Yimou, il cui traslucido wuxiapian appare oggi ai più come l’unico possibile (e vero, questo è il dramma). Kim Ui-seok non ha ancora una cifra né uno stile personale, però il film è robusto, sanguigno e sanguinoso. Non tutto è oliato (la prima mezz’ora è confusa e poco compatta, i flashback sono raccordati con un po’ di fretta), eppure l’epica fuoriesce da ogni fotogramma. Non possiamo che partecipare, dunque, alle vicende di questi due amici che gli eventi tragici del mondo allontanano e mettono su lidi nemici, fino a quando il ricordo di un legame torna, prepotente, ma senza speranza. Grandi passioni, grande pessimismo com’è giusto che sia in storie simili, nessun arrischio autoriale che può prendere la mano (come accade, per esempio, al Kang Je-gyu di Taegukgi): Sword in the Moon è sano cappa&spada popolare, vivo, pulsante sentimenti. La musica tuona, le lame decapitano e sprofondano nei corpi, gli ideali vengono infranti, i legami spezzati e la fratellanza celebrata, cosa volete di più? Dentro a Un Certain Regard di Cannes 2004, forse senza un reale perché. In ogni caso, meglio così: si tratta di cinema che deve essere conosciuto e distribuito.
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