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La presa del potere di Luigi XIV

Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La presa del potere di Luigi XIV

di hallorann
10 stelle

Roberto Rossellini era un genio, un avventuriero nella vita e nel cinema: passava da un’esperienza all’altra con l’entusiasmo giovanile di un esordiente. Sulle ceneri del suo cinema seppe ripartire ancora più determinato e deciso degli anni quaranta. Nel 1966 girò in una ventina di giorni LA PRESA DEL POTERE DA PARTE DI LUIGI XIV in presa diretta e in lingua francese perché prodotto dalla televisione francese. Una sfida e un’opportunità che egli - uomo dalle imprese straordinarie – sfruttò al meglio semplicemente perchè (come tutti i geni) era molto avanti. L’idea di mettere al centro della sua cinematografia la storia dell’umanità, l’uomo, le arti, i saperi e le scienze gli si concretizzò con L’ETA’ DEL FERRO, LA LOTTA DELL’UOMO PER LA SUA SOPRAVVIVENZA e poi via via con altre importanti monografie. La televisione venne incontro alle sue nuove tematiche ed esigenze artistiche ripagando con la stessa passione dei tempi del neorealismo. LA PRESA DEL POTERE DA PARTE DI LUIGI XIV è tuttora un documento unico del cinema televisivo europeo. La biografia del Re Sole si sviluppa dal 1661 al 1682, dalla morte del cardinale Mazzarino alla monarchia assoluta nella reggia di Versailles. La malattia del cardinale e i palliativi dei medici per farlo guarire, il trasferimento dei poteri (essendo lui il vero reggente) al giovane re. L’affrancamento dalla madre Anna d’Austria troppo influente e troppo legata a un passato non più proponibile e accettabile per il nuovo regnante. L’arresto e l’allontanamento del corrotto e untuoso sovrintendente alla finanze Fouquet. La ridefinizione al fianco del consigliere Colbert dello Stato: riduzione delle imposte dirette e aumento di quelle indirette, la costruzione e il trasferimento a Versailles insieme ai cortigiani e alla nobiltà piegata ai suoi voleri e alle sue compiacenze onde evitare fronde. L’appellativo di Re Sole significava che tutti dovevano necessitare della sua luce, del suo potere. La scelta di un nuovo abito/costume sgargiante, appariscente e vistoso come le parrucche indossate aveva una sua finalità politico-strategica. Il cambiamento passava anche attraverso la moda. La lunga cerimonia del pranzo agli occhi della corte e la lettura illuminante di un brano di La Rochefoucald chiudono il film. Rossellini firma la prima delle sue monografie, in netta antitesi con tutto ciò che si era visto e che si vedrà in materia di film o sceneggiati in costume. L’autore di PAISA’ svuota di orpelli, spettacolarizzazioni e di qualsiasi altro fardello per mirare all’essenza del discorso sulla vita di corte nel seicento francese. La messa in scena è ricca di dettagli sulla quotidianità, sui riti e su un mondo di cui avevamo letto solo superficialmente gli aspetti più noti. La rappresentazione/raffigurazione visiva è pittorica, lo stile e la macchina da presa sono talmente fluidi e invisibili da sembrare inesistenti, eppure come ci ricorda il figlio Renzo ogni scena e movimento di macchina era ragionato. Già ai tempi de IL GENERALE DELLA ROVERE con Vittorio De Sica fu capace di girare in tempi stretti l’ultimo grande lavoro della prima parte della sua filmografia. Allo stesso modo qui è talmente (lo ripeto) geniale che per il cast fece a meno di attori professionisti o di nomi altisonanti (trattandosi di personaggi storici), il protagonista Jean-Marie Patte era un documentarista e venne scelto per la rassomiglianza con Luigi XIV. Come raccontano - negli extra del dvd edito dalla Feltrinelli - Adriano Aprà e Renzo Rossellini il non attore francese leggeva molto spesso un gobbo o una lavagna perché si dimenticava le battute dando un “estraniamento brechtiano” alla sua recitazione del tutto funzionale, vera ed efficace alla resa finale. Ovviamente Roberto Rossellini era il consapevole artefice dell’espediente.

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