Espandi menu
cerca
Città amara. Fat City

Regia di John Huston vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 205
  • Post 137
  • Recensioni 1138
  • Playlist 322
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Città amara. Fat City

di mck
10 stelle

 

PARTE PRIMA  -  Help Me Make It Through the Night

I.  Ready ? Bong !

John Huston, classe 1906, nel 1972 ( stretto tra l'addio a Jack e Bobby Kennedy, Martin Luther King e Malcolm X, l'Era dell'Acquario, la NASA e l'LSD, e un bentrovati agli agenti Orange, Johnson, Nixon e McNamara ), nel pieno del suo secondo periodo ''iper''-produttivo, ritorna dall'Europa in U.S.A.

{ dal '66 ( the Bible : in the Beginning, DeLaurentiis Lux ) al '72 ( the Life and Times of Judge Roy Bean ), girerà 7 film e ¼;   il primo, meno intenso e più sfilacciato periodo, invece, si potrebbe ''circoscrivere'', inaugurato dalla faticosa creazione di “Moby Dick” ( altro che la Bibbia : Questo è il Libro ) e sfociato nel crepuscolare ( ai bagliori d'uranio e plutonio ) “the Misfits” [ 4 – Clark Gable, Marilyn Monroe, Montgomery Clift, Thelma Ritter - dei 5 protagonisti non riusciranno ad assistere allo sbarco sulla luna ( Gable non vedrà neanche Gagarin in orbita, e nemmeno la Sera della Prima : per lui sarà un film Postumo ), il 5°, Eli Wallach – il ''brutto'', coriaceo Tuco –, se l'è invece goduta fino in fondo, utilizzando sino alla fine come sparring partners per tenersi in allenamento nomi quali Clint Eastwood (Mystic River), Roman Polanski (the Ghost Writer) e Oliver Stone (Wall Street : Money Never Sleeps) ], dal '56 al '60;   ma in fondo Huston non s'è mai fermato un attimo, dal Falcone Maltese è passato ai film di ''propaganda'' in piena WW2 e ai documentari ''post''-guerra, dalla Sierra Madre alla Giungla d'Asfalto, dalla Regina d'Africa al Moulin Rouge, da Stephen Crane a Rudyard Kipling, da Flannery O'Connor a Malcolm Lowry, solo la Morte porrà fine alla sua Vita, chiudendo il proverbiale cerchio con un potente flash-back ( o flash-forward...ché quel bisogno di un Ricordo ( o ricordo di una Necessità ) dal Futuro fosse un ProMemoria dislocato in avanti dal Passato per poter incidere sul Presente ? ) verso quel 1906, anno di nascita del regista di Nevada, Missouri ( infanzia e adolescenza raminghe nel MidWest, prima di trasferirsi a Los Angeles, e una carriera da pugile dilettante, militare di carriera, pittore e artista girovago ) e della stesura di the Dead, ultimo racconto di Dubliners, prima vera grande opera del ''compatriota'' e ''consanguineo'' James Joyce [ non come lui esule, espatriato, ostracizzato, che fino ad allora era riuscito a pubblicare ''solo'' una raccolta di poesie (Musica da Camera) e un...Ritratto dell'Artista da Giovane ( a Trieste, grazie ad Ezra Pound ), ma più in linea con l'epopea di John Ford : the Informer, 1935 – the Quiet Man, 1952 – Young Cassidy, 1965 (abbandonato dopo pochi giorni per problemi di salute ) ] : the Dead, un Autoritratto del Regista ( white hunter, black heart ) da Vivo [ prima dell'Open Book, 5 mogli e 60 film ( tra scritti ( per W.Wyler, H.Hawks, R.Walsh, R.Siodmak, A.Litvak, J.Negulesco, W.Dieterle...) e diretti ) ], come Rembrandt...}

per dirigere questo meraviglioso ''piccolo'' film, aggiornamento metropolitano del “the Misfits” di un decennio prima, e a distanza di una dozzina d'anni trova sul suo cammino altri (più giovani all'anagrafe) compagni d'avventure [ non che Billy Wilder, Nicholas Ray e Samuel Fuller non l'avessero accompagnato a dovere con le loro versioni di spostati, fuoriusciti, white trash ( the Lost Weekend, '45 - Rebel Without a Cause, '55 – Shock Corridor, '63 ) ] coi quali condividere lo spazio umano in dismissione di una ''Nuova'' ( sempiterna, reiterata, comunque contigua e collegata ) America ( intendasi, dicasi e leggasi : New Hollywood ) : “ They Shoot Horses, Don't They ? “, Sidney Pollack, '69 – “ MidNight Cowboy “, John Schlesinger, '69 – “ Junior Bonner “, Sam Peckinpah, '72 – “ The King of Marvin Gardens “ e “ Stay Hungry “, Bob Rafelson, '72 e '76...

 

 

II.  Jab! Jab! Hook!

John Huston --- che da subito concupendolo cattura lo sguardo iniziando il film componendo un breve prologo a sé stante [ pre titoli di testa, che arrivano poi, sulle note della celeberrima “ Help Me Make It Through the Night “ ( il cui richiamo sul finale andrà anche a chiudere la pellicola ), scritta e cantata da Kris Kristofferson e contenuta nel suo primo album, “Kristofferson”, del '71 ( in cui è presente pure un altro pezzo da novanta sin da subito ultra-coverizzato come questo, ad libitum, ovvero "Me and Bobby McGee", ave a Janis Joplin ) ], sorvolando con una fantastica concisa sequela di dissolvenze incrociate aeree un gigantesco cantiere autostradale per poi con composta velocità subitaneamente discendere di stacco in stacco verso il suolo ( ad incrociare incontrandoli scheletri di capannoni infiniti ( nel senso di non finiti ), abbandonati, sfiniti e dismessi, case diroccate, evacuate, crollate, demolite ) e man mano avvicinarsi al quartiere di Stockton ( case in affitto, palestra, bar ) dove si svolge gran parte della vicenda --- con Fat City ( città grassa, crassa, opulenta, ricca )

------ prodotto dal fido Ray Stark ( the Night of the Iguana, Reflections in a Golden Eye, e il successivo “Annie” ), sceneggiato da Leonard Gardner ( che in seguito scriverà tra le altre cose molti episodi di NYPD Blue ) sulla base del suo omonimo romanzo del '69, fotografato da Conrad L. Hall ( the Professionals e In Cold Blood – R.Brooks, Cool Hand Luke-S.Rosenberg, Hell in the Pacific-J.Boorman, Butch Cassidy and the Sundance Kid-G.R.Hill, Tell Them Willie Boy Is Here-A.Polonsky, Electra Glide in Blue-J.W.Guercio, the Day of the Locust e Marathon Man – J.Schlesinger : insomma, cinema potente, sia ''inserito'' nell'establishment sia postosi al di fuori di ogni schema precostituito ), che non abbellisce niente dove niente c'è da miniare e non spegne nulla dove nulla c'è da imbruttire

[ e dove ci sono urbani caseggiati dalle colorate facciate in legno le cui assi sono tinte di ceruleo verde e rosso cinabro, vasti campi coltivati o naturali sotto un itterico cielo caliginoso cui contendono l'afa e la polvere ( del lavoro, qui mostrato, in Hopper invece suggerito dalla sua assenza e da chi ne ammira gli esiti ) e tavole calde aperte fino a notte tarda illuminate dai neon freddi che la mente per non soccombere riscalda un po', c'è, per l'appunto, Edward Hopper : e non è pleonastico citarlo, perché tra i pochi autori che lo hanno saputo interpretare e sono riusciti a restituirne con altrettanta potenza pittorica la materia (umana) e la fisicità (luminosa), abitandolo con le loro storie, si potrebbero citare ''solo'' A.Hitchcock (b/n), T.Malick, W.Wenders e D.Lynch ( la peculiare, splendida filologia del "Shirley - Vision of Reality" di Gustav Deutsch si situa in un territorio più ''esclusivo'' e particolare ) ],

montato dall'allora veterano Walter Thompson ( Young Mr. Lincoln-J.Ford, Swamp Water-J.Renoir ), con le scenografie di Richard Sylbert ( Splendor in the Grass-E.Kazan, The Manchurian Candidate-J.Frankenheimer, The Pawnbroker-S.Lumet, Lilith-R.Rossen, the Graduate e Catch 22 - M.Nichols, Rosemary's Baby e Chinatown – R.Polanski, the Cotton Club-F.F.Coppola, Carlito's Way-B.DePalma ) e i costumi ( con una fantastica giacca scamosciata psichedelico-reversibile da antologia dello sprezzo del pericolo incurante del buon gusto cui spetta il ruolo da protagonista in un piccolo segmento di una scena di raccordo, ma importante tanto quanto le altre per descrizione dei caratteri e progressione narrativa, in un film cesellato alla perfezione : la sceneggiatura, gente, la sceneggiatura ) di Dorothy Jeakins ( Joan of Arc-V.Fleming, Samson and Delilah-C.B.DeMille, the Big Sky-H.Hawks, Niagara-H.Hathaway, Friendly Persuasion e The Children's Hour - W.Wyler, Let's Make Love-G.Cukor, the Sound of Music-R.Wise, the Way We Were e the Yakuza - S.Pollack, Young Frankenstein-M.Brooks, The Postman Always Rings Twice-B.Rafelson, e per lo stesso John Huston : the Night of the Iguana, Reflections in a Golden Eye e the Dead ),
e la supervisione musicale del giovane Marvin Hamlisch [ una versione soft di “the Look of Love” ( scritta da Burt Bacharach e Hal David e interpretata da Dusty Springfield per “Casino Royale” ( di cui Huston girò il ¼ di cui sopra ) del '67 ), che accompagna in sottofondo la magnifica, estenuante scena a due tra Stacy Keach e Susan Tyrell (portentosa, esagerata, perfetta), in cui l'uno, Billy Tully, cambia disco al Wurlitzer colpendolo con una testata ( e prendere a capocciate il juke-box supera di gran lunga in stile qualsiasi leggero tocco alla fonzarelli ), e l'altra, Oma, ci ricorda qual è stata la più grande scoperta di Cristoforo Colombo, il suo più importante dono al vecchio e al vecchissimo continente di ritorno dal nuovo ( vecchia teoria tornata in campo di recente supportata da prove paleoarcheologiche e anatomopatologhe ), ovvero : la sifilide, e “If”, scritta da David Gates e interpretata dai suoi Bread ] :
insomma, una crew con tutti i migliori contro cazzi e i contro coglioni disponibili al tempo ( " I believe filmmaking to be a collaborative medium : rather than being a tyrant, i believe in getting ideas from as many sources as possible " - John Huston )------

ti prende e ti porta dove vuole ( il suo tempo narrativo diventa il tuo ), ridisponendo i confini del termine empatia, ma non è un bel posto, quello in cui ci conduce, è solo quello che è ( risate di dolore, urla di gioia, grugniti d'esistenza ) : si chiama vita.

 

 

 

PARTE SECONDA  -  Nothing I Can do About That. So, I don't let it Worry Me None.

III.  Down-and-Out.

La narrazione adotta due punti di vista preponderanti sul resto e quasi univochi

{ in realtà i PdV in tutto sono 4 : i 2 protagonisti + altri 2 ''occasionali'' che, per due o tre sole volte ciascuno, prendono in mano il racconto occupando il PdV sulla messa in scena :

da una parte Nicholas Colasanto (bravissimo), l'allenatore Ruben Luna

( in una sequenza di dialogo coniugale che fa il punto sulle speranze per un possibile futuro, in una ripresa col suo vice (Babe-Art Aragon), che quelle speranze le ridimensiona alla luce dei fatti, e in un'altra scena di dialogo ( compravendita semi-professionale di destini e possibilità ) con l'organizzatore di match ),

e dall'altra Sixto Rodriguez ( no, non quel Sixto Rodriguez ) - Arcadio Lucero, l'avversario di Billy Tully, che si è riusciti a far arrivare dal Messico per la 'grande' rentrée del pugile di Stockton, Nord California, in una scena esplicativa che ci rende edotti ( p.p. sull'insegna International Pharmacy-Botica Mexicana ) sul suo non ottimale stato di salute

[ al vero da poco ex pugile e per l'occasione attore messicano spetta anche un piccolo, magnifico ''controtempo'' – MdP che rimane fissa sul posto mentre tutti gli attori lasciano il campo –, o meglio un Terzo Tempo post-incontro/spogliatoio in solitaria a ''spegner le luci'' : un portato morale che si può ritrovare nella splendida retorica anch'essa crepuscolare del “Million Dollar Baby” eastwoodiano ( Paul Haggis da un grande, immenso F.X.Toole ( lo scrittore-boxing trainer Jerry Boyd ) ), quando Maggie Fitzgerald-Hilary Swank, all'oscuro da Frankie Dunn-Clint Eastwood ( ma non da Eddie Dupris-Morgan Freeman ), rimane in palestra fino a tardi per allenarsi, la notte ] }, 

 


quello principale del down-and-out Billy Tully, uno stratosferico Stacy Keach ( trentenne che interpreta un trentenne ) che nulla ha da invidiare al Jack Nicholson di “the Last Detail” (Hal Ashby), “the Missouri Breaks” (Arthur Penn) e “the Border” (Tony Richardson), che ovviamente - per citare un personaggio fortemente antitetico rispetto a questo ma con una divergenza morale che possiede basi caratteriali contradditoriamente incrociantisi per minimali nuclei di convergenze puntiformi - andrà quasi ad annientare - con 35 anni d'anticipo sul film di Michael Winterbottom - il ricordo di Casey Affleck nei panni di Lou Ford, nel “the Killer Inside Me” di Burt Kennedy del '76 ( che in quanto a s/fortuna critica se la batte col remake-reboot del 2010 ), e che con Huston lavorerà ancora in “the Life and Times of Judge Roy Bean",

e quello ad esso subordinato, ma comunque di assoluto co-protagonista, di Ernie Munger ( l'...''irlandese'' Ernie Munger : “I'm not Irish” -”I just said it that way so they'd know you're white. It's gonna look great in the papers. Come on, wave to the crowd.” ), interpretato da un Jeff Bridges 22enne ( che interpreta un ventenne ), proveniente da “the Last Picture Show” di Peter Bogdanovich e lanciato verso “Thunderbolt and Lightfoot” di Michael Cimino ( insomma, ancora e sempre : la post-classical new wave hollywoodiana, che riceve il testimone da J.Huston ( e da S.Fuller, per esempio ) : o meglio...che si vede affiancare da questi, che procedono per la loro strada, battendo il percorso in un transetto a due e dispensando rudi e gentili pacche sulle spalle ).

 


IV.  Non c'è tanto altro da dire, che volete.

Billy Tully, temporaneamente ex-pugile ''oramai'' quasi trentenne di Stockton, incontra casualmente in una palestra di boxe il 19enne Ernie Munger e quasi altrettanto per caso gli suggerisce di contattare il suo ex (temporaneamente) allenatore, Ruben Luna. Il giovane affronterà i suoi primi incontri, e il ''vecchio'' tornerà sul ring con un incontro via di mezzo fra un match di prova e un preliminare ( un combattimento devastante, che fa da contraltare alla prima sfida che affronta Ernie sul quadrato, scontro che termina con la solita, immancabile dose di feroce humour, solida ironia e tenero sberleffo hustoniana ). Passano le stagioni, dal raccogliere cipolle per 20 cent al sacco si passa al raccogliere noci previa vibro-scuotitura, e Billy Tully convive con Oma andando ad abitare in casa sua ed Ernie Munger sposa Faye ( Candy Clark : mancava solo lei da citare del grandioso cast ) ''causa'' bambino in arrivo.
No, manca un ultimo nome all'appello, il 3° vero pugile del cast principale ( che però, al contrario di Sixto Rodriguez e Art Aragon, non interpreta un boxeur ), Curtis Cokes-Earl ( il compagno neo-ex-galeotto di Oma ), cui spetta di calare la morale non dall'alto ma dalla soglia : "Nothing I Can do About That. So, I don't let it Worry Me None".

 


V.  " Hey, stick around. Talk a while ".

L'epifania ( si torna a Joyce ) del pre finale ( il freeze-frame che (ac)coglie Billy Tully, il flash forward sui resti della propria vita futura che lo attende ), la rivelazione alcolica e/o febbricitante, con l'esibito zoom ( o meglio, un crop su ogni singolo fotogramma di quello spezzone di pellicola ) - gesto filmico che può essere ingenuo ma di sicuro è efficace -, reifica in immagini, con composto portento, quel "...tomorrow's out of sight...“ che Kristofferson torna, per un momento, a suonare e cantarci.

 

Nel mentre, al bancone del bar, silenzio.

Passa la vita.

 


Link :

Sixto Rodriguez
http://www.fightsrec.com/sixto-rodriguez.html
http://boxrec.com/list_bouts.php?human_id=27363&cat=boxer
Art Aragon
http://www.fightsrec.com/art-aragon.html
http://boxrec.com/list_bouts.php?human_id=9705&cat=boxer
http://boxing-ring.blogspot.it/2008/03/art-aragon-colorful-la-boxer-dies-at-80.html
http://boxing-ring.blogspot.it/2008/03/more-photos-of-late-art-aragon.html
Curtis Cokes
http://www.fightsrec.com/curtis-cokes.html
http://boxrec.com/list_bouts.php?human_id=12555&cat=boxer

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati