Regia di Gilles Grangier vedi scheda film
Voto 8. Jean Gabin servito dai dialoghi di Michel Audiard è sempre una garanzia. Come spesso accade, il doppiaggio di questo genere di film non ne rende giustizia. La vicenda resta comunque godibile ed è pilotata con mano sicura. Trovandoci in ambiente di camionisti, allo spettatore vengono offerti lunghi momenti di viaggio sulle "routes nationales" francesi degli anni '50, rese ancora più efficaci da uno splendido bianco e nero. Chi le ha conosciute e percorse non può rimanere insensibile. Lo stesso dicasi per le atmosfere create nei punti di ristoro e nei bistrots di provincia.
Una sera, un tranquillo camionista, Jean Chape (Jean Gabin) resta sconvolto da un incidente: crede di aver investito un uomo, ma si tratta di un gangster che giaceva già morto. I complici di quest'ultimo sono convinti che Jean Chape si sia impossessato di un bottino cui stavano dando la caccia. Intanto, il nostro si presenta spontaneamente alla polizia, che lo rilascia immediatamente, in attesa dei risultati dell'autopsia. Tormentato ma libero, il nostro è oggetto di pedinamenti e avvertimenti da parte della banda. Può tuttavia contare sull'affetto e la comprensione della moglie (una sommessa e adorabile Jeanne Moreau), nonché sulla solidarietà dei suoi colleghi per venire a capo dell'intreccio.
Ancora giovane e alla vigilia dei film che ne faranno una celebrità mondiale. In questo film, è tutto fuorché una figura negativa o "cattiva".
Sorretto da regia e dialoghi di gran qualità, fa suo il film. E' il Gabin delle grandi prestazioni.
Regia classica, nel miglior senso del termine. Una immersione totale nella provincia francese degli anni '50, per come era vista dal cinema di allora.
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