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The Happiness of the Katakuris

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su The Happiness of the Katakuris

di AndreaVenuti
8 stelle

The Hapiness of the Katakuris è un film giapponese del 2001, diretto da Takashi Miike. L'opera si è aggiudicata il premio della giuria al Fantastic' Arts di Gerardmer (2004).

 

Sinossi: La famiglia Katakuri con i pochi risparmi ha acquistato una piccola pensione ai piedi di un vulcano, luogo isolato ed ideale per trascorere tranquillissimi weekend; almeno così pensa il capofamiglia Masao, ex impiegato in un negozio di scarpe ora novello imprenditore. Gli affarri tuttavia vanno malissimo, nessun cliente è alle porte ma una sera in una notte tempestosa uno strano uomo si presenta desideroso di una stanza; sfortunatamente il soggetto si suiciderà in malo modo la sera stessa, e per la scampigliata famiglia inizierà un grottesco inferno terreno che li metterà a dura prova...

locandina

The Happiness of the Katakuris (2001): locandina

The Happiness of the Katakuris si presenta come una sorta di remake del coreano The Quiet Family del 1998, esordio alla regia del maestro Kim Ji-woon; Takashi Miike pur preservando il soggetto originale, tira fuori dal cilindro l'ennesimo capolavoro realizzando un pastiche multiforme e autoriale in cui emerge tutto l'estro creativo del suo genio come conferma la sequenza iniziale, vero e proprio MacGuffin hitchcockiano, del tutto sconnessa con il resto della storia:

 

Il film si apre in medias res (costante in Miike) con alcuni strampalati personaggi che entrano in un ristorante, il tutto accompagnato da un'opera lirica italiana; a questo punto l'attenzione della cinepresa si focalizza su una ragazza che si appresta a mangiare la sua zuppa ma nel momento cruciale si accorge della presenza di un insetto nel piatto. In realtà si tratta di mostriciattolo che sbuca fuori dalla zuppa ed improssivamente diventa aggressivo, strappandogli ugola.

Quest'ultimo frangente di sequenza non è più realizzato in live action bensì con una tecnica d'animazione a passo uno in claymotion (plastilina animata). Subito dopo si sussegueranno una serie di eventi tragicomici in salsa splatter, sempre diretti con la medesima tecnica d'animazione.

 

Terminato l'incipit nosense utile ad introdurre questa "tecnologia" particolare che ritroveremo più volte nel film (nei momenti più violenti) inizia davvero l'opera e Miike propone subito un'importantissima riflessione; Yurie, la più piccola della famiglia, s'interroga sul significato di famiglia.

Subito dopo il regista presenta separatamente tutti i membri della famiglia Katakuris, utilizzando uno stile che rievoca in parte i fake trailer di matrice tarantiniana (l'autore nipponico riproporrà tale tencina in Sukiyaki Western Django).

Questa presentazione ad un'analisi più attenta risulterà determinante, in quanto Miike mette in scena una serie di tematiche a lui molto care: tutti i membri della famiglia sono degli sconfitti della società, dal capofamiglia Masao (salaryman lincenziato senza troppi complimenti) al figlio Masayuki (ex galeotto) passando per l' ingenua Shizue (ragazza madre abbandonata dal compagno durante la gravidanza) o il nonno Jumpei (reduce di guerra dimenticato da tutti).

Dunque la famiglia Katakuris è composta da outsider che vorrebbero sia ottenere una qualche rivincità sociale (guadagnare bene con la pensione) sia provare a vivere coesi, affrontando insieme le varie difficoltà della vita.

Messaggio semplice e diretto, in grado di colpire il cuore dello spettatore (pensiamo al bellissimo finale).

 

The Happiness of the Katakuris è inoltre un folle musical orrorifico-demenziale composto da una serie di micro-storie che ruotano intorno ad una serie di personaggi incredibilmente bizzarri, da un reporter televisivo sfortunato con gli insetti arrivando al leggendario Richard Sagawa (Naomi Nishida) un truffatore semi-analfabeta che afferma di essere prima un pilota americano della marina militare e poi un agente britannico agli ordini della regina Elisabetta.

Tutte queste micro-storie (servono a rafforzare il legame famigliare) sono arricchite da una serie di balletti musicali clamorosi; uno spasso indescrivibile che ancora una volta mostrano l'enorme ed incalcolabile talento del regista, che a tal proposito opta sia per delle coreografie buffe ma curate sia per una regia post-moderna caratterizzata da macchina a mano, panoramiche a schiaffi, zoomate cinetiche e movimenti folli.

Regia alternata ad uno stile più "sobrio" nei momenti non canori ma non per questo meno efficace come testimonia ad esempio o la falsa soggettiva poco prima del ritrovamento del primo cadavere oppure la seguente inquadratura a piombo con tutta la famiglia in scena disperata di fronte al ritrovamento del corpo.

 

The Happines of the Katakuris è l'ennesimo capolavoro di un genio mai troppo lodato come Miike che nel solo 2001 oltre a questa perla ha diretto altri sei film, tre dei quali gioielli assoluti come Ichi the KillerVisitor Q ed  Agitator.

 

 

 

 

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