Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Benvenuti in un'altra delle dimensioni mentali del più feroce e grottesco dei registi giapponesi moderni. Autore molto prolifico, Miike non sempre, però, centra l'obiettivo, a meno che l'obiettivo sia quello, anarchico, del disturbare, distruggere, scuotere. "Visitor Q" è tutto questo, e, per certi versi, anche di più. Il regista giapponese prende la famiglia tradizionale nipponica e la fa a pezzi, letteralmente. Un padre/marito pedofilo e necrofilo, eiaculatore precoce, una figlia prostituta, una madre/moglie che si prostituisce in cambio di eroina e schizza latte dai capezzoli come se piovesse e un figlio, il minore, che picchia la madre ma che è vittima sacrificale del bullismo. In questo quadro grottesco e malato, s'inserisce la misteriosa figura di un ragazzo che senza tanti perché s'installa in casa di questo manipolo di squilibrati e ne cambia, si fa per dire, le esistenze, un po' come avviene nel molto più raffinato (e riuscito) "Borgman" dell'olandese Van Warmerdam. Qui, capita l'antifona, non è il caso, secondo me, di trovare chissà quali sottotesti, ma bisogna, invece, lasciare che la vicenda si sviluppi godendone le evidenti forzature come se ci trovassimo in una grottescherìa di Bunuel. Miike non ha paura di nulla, affronta senza pudori questa danza folle, tipica di certi suoi film, e la visione se ne va non facendosi certo dimenticare. Per fortuna, Miike, ha fatto film molto migliori, ma questo "Visitor Q" vale comunque una visione, quantomeno per completezza. Curioso, infine, che i genitali maschili e femminili vengano censurati, almeno nella mia copia: accadimento tipico, comunque, del pruriginoso e misterioso mondo del sol levante.
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