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Visitor Q

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Visitor Q

di pazuzu
10 stelle

Un signore di mezza età e una ragazza sono in una camera d'albergo: lui ha con sé una videocamera, lei una macchina fotografica; lui è un giornalista, lei una prostituta; lui dice di esser lì per un servizio sui giovani allo sbando e le chiede perché abbia scelto questa vita, lei ignora la domanda inizia a spogliarsi e lo invita ad imitarla. Lui nicchia e cerca di resistere, ma presto cede, e il resto vien da sé; poi, completata la prestazione, si becca una ramanzina per esser venuto troppo presto.
È questo lo scioccante incipit di Visitor Q: scioccante perché i personaggi appena descritti sono un padre e una figlia. Un incipit scabroso e spiazzante, che introduce alla sconvolgente quotidianità di una famiglia pesantemente disfunzionale: la ragazza, che ha lasciato casa in cerca di indipendenza preferendo il marciapiede, seduce il padre; il padre, reporter televisivo accantonato, nella speranza di tornare a lavorare, dopo il tentativo di intervista alla figlia finito in incesto, propone alla rete un'inchiesta sul bullismo in cui il ruolo della vittima è riservato stavolta all'altro figlio, un adolescente abituato a prender botte dai compagni a scuola in strada e pure a domicilio, per poi restituirle con gli interessi alla madre, la quale, invece, si buca nel segreto della propria stanza, e per pagarsi l'eroina vende anche lei il proprio corpo, nonostante l'evidente zoppia, e nonostante i lividi e le ferite dovute ai frequenti pestaggi.
Quello venutosi a delineare è un quadro di depressione generalizzata, di arrocco emotivo, un immobilismo instabile nel quale si inserisce un misterioso visitatore, un ragazzo dai modi violenti, sadico prepotente e provocatore che, istauratosi in casa e mostratosi indifferente alle folli regole che la governano, conquista la fiducia del pater familias (al quale precedentemente aveva provato a spaccare la testa a sassate) divenendo il suo cameraman di fiducia, seduce la moglie portandola oltre i confini del piacere, e tiene sotto controllo il figlio estorcendogli al contempo informazioni sulla sorella maggiore. L'avvento di questo elemento esterno genera un terremoto che spariglia le carte, dando origine a una serie di reazioni a catena che, in un'orgia di violenza, ad un prezzo altissimo e riprogrammandone le gerarchie, porteranno la famiglia verso una rinnovata ed altrimenti irrealizzabile unità.
Nato come parte di un progetto televisivo giapponese denominato Love Cinema, e girato, con due soldi e in digitale, da un Takashi Miike in stato di grazia, Visitor Q è un film genuinamente estremo, che propone al pubblico ogni forma di depravazione, servendola con punte di umorismo nero e malsano e giungendo anche al limite dell'esagerazione cartoonesca: si vedono dei teppisti utilizzare impropriamente un microfono nei confronti di un malcapitato intervistatore, si vede un uomo consigliare ad una prostituta di denunciare colui che la picchia salvo poi consegnarle un frustino e chiederle di essere percosso lui stesso, si vede una donna inondare la cucina del latte che le sprizza copioso dai seni, e poco dopo un ragazzo nuotarci dentro. E ci si sorprende anche a ridere di gusto, ma senza mai aver l'impressione di star assistendo a qualcosa di gratuito o non necessario, perché anche quando, nel lungo e perversamente romantico finale, l'omicidio e la necrofilia assumono un ruolo fondante e catartico, la presa resta viva sulle dinamiche relazionali, declinate in una realtà terribile nel suo essere molto più vicina di quanto si possa (o si voglia) immaginare.
Miike utilizza la volgarità ed il cattivo gusto come strumenti ultimi di pulizia etica, sfida il comune senso del pudore affondando nel burro di un tessuto sociale al collasso, ed abbatte ipocrisia e stereotipi trascinando i resti della famiglia medio-borghese in una rappresentazione visivamente e concettualmente aggressiva e disturbante. Ma non c'è pornografia né compiacimento oltraggioso, solo un disperato ed indifferibile grido d'allarme.

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