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Dead or Alive

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Dead or Alive

di AndreaVenuti
9 stelle

Dead or Alive è un film giapponese del 1999, diretto da Takashi Miike.

 

Sinossi: Tokyo è controllata dalla Yakuza e dalla triade cinese, tra le due organizzazioni criminali si è raggiunto un acordo di pace, tuttavia in città sta emergendo una nuova banda criminale. Sono giapponesi con origini cinesi, capeggiati dal misterioso ed enigmatico Ryuchi (Riki Takeuchi), il loro unico obiettivo è raggiungere la vetta a qualsiasi costo, su di loro indagherà il detective Jojima (Sho Aikawa)....

locandina

Dead or Alive (1999): locandina

Siamo nel 1999, l'eclettico Takashi Miike ormai non è più un enfant prodigè ma una solida realtà e questo film rappresenta una summa di tutta la sua poetica passata e futura.

Per prima cosa è importante sottolineare che ci troviamo di fronte al primo capitolo di una trilogia anomala (sempre diretta da Miike), con storie completamente differneti ma legate tra di loro soltanto dagli interpreti principali, inoltre il film doveva assomigliare  il più possibile ad Heat-la sfida di Mann, ma i produttori probabilmente non avevano ancora ben chiaro chi fosse Takashi Miike.

 

L'inizio del film ormai fa parte della storia del cinema.

il tutto si apre con la cinepresa fissa e bassa che inquadra i due protagonisti principali, i quali guardano in macchina ed iniziano un countdown; a questo punto per circa cinque minuti si susseguono e sovrappongono una serie di sequenze folli, riprese con uno stile ipnotico e psicadelico dove immagini violente di omicidi, sodomizzazione estrema e droga la fanno da padrone il tutto con un montaggio serratissimo accompagnato da musica rock alquanto martellante.

 

Dead or Alive è uno dei tanti film manifesto di Miike, un'opera che superficialmente rientra nello Yakuza Eiga ma riletto ed innovato in maniera totale a tal punto da rendere difficile una sua catalogazione.

 

Miike riprende alcuni topoi del maestro Kinji Fukasaku come la smitizzazione di qualsiasi ideale romantico nei confronti della yakuza ma con una messa in scena  innovativa e varia; alle folli scene d'azione si susseguono sequenze di stasi utili sia alla caratterizzazione dei protagonisti sia a farci capire la genialità del regista: ad esempio ci troveremo di fronte a diverse scene di conversazione con la macchina da presa fissa e posizionata alle spalle del protagonista, il tutto può essere letto in maniera simbolica (infatti questa tipologia di inquadratura viene utilizzata quando in scena si trova il detective Jojima personaggio interessante, contraddistinto da un codice d'onore ma pronto pure lui ad infragerlo per il bene della sua famiglia).

 

Impossibile non menzionare il finale che sfocia nel genere fantascientifico/apocalittico: i due protagonisti si affrontano faccia a faccia come nel più classico dei western (genere amato dal regista) ma non si rispettano i canoni del genere, Kojima tira fuori dal nulla un bazuka mentre Ryuchi si strappa con forza dal suo cuore una sorta di sfera energetica nucleare, il risultato ?

La terra esplode.

 

Il film inoltre presenta alcune tematiche che contraddistinguono la carriera e lo stile poetico di Miike, ossia l'interesse verso coloro che si sentono emargiati dal sistema sociale e soprattutto soggetti che non hanno radici: la banda di Ryuchi sono giapponesi con origini cinesi che oltre a non essersi mai ambientati in Giappone (uno della loro banda li tradirà con la speranza di tornare in Cina con la madre) non riescono ad identificarsi con nessuno dei due paesi : «non siamo giapponesi ma neppure cinesi, non siamo niente». Questa drammatica condizione li spinge a muoversi verso un'utopica ricerca della felicità ma con risultati devastanti e tragici per tutti.

Per Miike il mondo moderno è solo caos dominato dalla violenza.

 

Film cult

 

 

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