Regia di John Maybury vedi scheda film
Nella sua visionarietà è comunque accademico. Niente di nuovo quindi sul fronte del "perturbante" come si sarebbe voluto, ma sicuramente un bel film che gioca metà del suo successo sugli attori. Adrien Brody è entusiasmante. Ha un carisma che i bellocci hollywoodiani non hanno nemmeno nel loro mignolo. Un attore con una faccia che parla. Due occhi che parlano del mondo e dell'uomo. Dote naturale che si unisce al lavoro sull'attore. La bellissima Keira in un ruolo accattivante che sprigiona tutta la sua ambigua bellezza e carica sessuale. E poi c'è lui, il loser peckinpahniano per definizione, il fratello "di sangue" di tale Steve McQueen, che con lui ha diviso l'amore dello stesso padre, il vecchio Sam: si chiama Kris Kristofferson. Qui nel ruolo del medico sospeso tra il Bene e il Male (come l'altrettanto riscito Dottor Mayrick di Gene Hackman in "Extreme Measures"), che forse fa la cosa giusta, ma nel modo sbagliato. E si porta dentro il terrore e l'orrore dei suoi sbagli.
Non un capolavoro, ma un buon diversivo a tanti film che ti buttano lì idee interessanti, ma sempre rese alla stessa maniera. Qui Maybury, attraversa il trististissimo argomento del tempo con evidente allarmismo, e a metà tra il medical-thriller e quello surreale tanto in voga oggi, riesce a buttarci lì la frase più terrificante che abbia mai sentito in un film: Quanto tempo abbiamo?
E poi, gli occhi di Krsitofferson. Vogliamo parlarne?
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