Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Un buon esempio di cinema post-Dogma, nel quale i conflitti all'interno del focolare domestico la fanno da padroni (secondo una tradizione tipicamente scandinava che risale come minimo al teatro ottocentesco e quindi precede il cinema). La Bier governa abilmente una materia narrtiva e psicologica complessa e incandescente. Il film ha alti e bassi, a livello di intensità, ma complessivamente può dirsi riuscito. In definitiva, il film evidenzia nella maniera più virulenta e nevrotica possibile quelli che sono gli effetti che un trauma bellico può generare nel reduce. Compagnia di attori meno brillante rispetto agli standard del cinema nordico, eccezion fatta per un memorabile Ulrich Thomsen.
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