Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Lasciata la Danimarca per una missione di guerra in Afghanistan, il maggiore Michael (Thomsen) viene catturato dai talebani, imprigionato e costretto a uccidere un suo connazionale a sprangate. Dato per morto in patria (l'elicottero sul quale viaggiava è precipitato), al suo ritorno a casa Michael non è più lo stesso: il senso di colpa lo divora, è accecato dalla gelosia per la moglie (Nielsen), e cova rabbia verso lo scapestrato fratello (Nikolaj Lie Kaas), che se ne è preso cura e al quale le bambine di Michael si sono molto affezionate.
Il titolo italiano del film, come spesso avviene da queste parti nei pochi casi in cui si riesca a evitare la sudditanza culturale nei confronti degli Stati Uniti, è fuorviante: il Brode del titolo danese sta per "fratelli" e il film è centrato su un complesso confronto tra un uomo ritenuto esemplare che si trasforma ripetutamente in una belva e un semi-alcolizzato capace di un'umanità e di una correttezza esemplari. Prodotto sotto gli auspici di Lars Von Trier, l'opera prima della danese Susanne Bier tocca uno dei temi ricorrenti del cinema danese di inizio secolo (Le onde del destino, L'eredità, Festen), quello dei rapporti famigliari (la famiglia è un cancro?), con stile algido, crudele, ellittico, lento, e una struttura ad opera aperta che lascia molto all'immaginazione dello spettatore.
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