Regia di E. Elias Merhige vedi scheda film
Guardando Ben Kingsley, allucinato, calvo e con le orecchie vagamente a punta si pensa subito a Nosferatu. È una sovrapposizione legittimata dal precedente film, un’operazione considerevole, pur con limiti teorici indiscutibili, del regista E. Elias Merhige, L’ombra del vampiro. Le analogie sono semplicemente fisiognomiche. Kingsley-O’Ryan è un ex agente dell’Fbi con poteri extrasensoriali, dotato di una visione remota grazie alla quale visualizza in dettaglio crimini, vittime, violenze, colpevoli. Entra in contatto ossessivo con un agente (Eckhart) che per punizione viene trasferito da Dallas ad Albuquerque. Fax che vomitano decine di fogli con le schede di persone scomparse misteriosamente, cefalee, incubi, tre omicidi efferati, simboli, disegni, immagini-lampi che graffiano i fotogrammi e delocalizzano l’intreccio, oggetti-indizio, stacchi attorcigliati di un’inchiesta-autoanalisi, spezzano e arricchiscono un thriller mentale e patologico. I due antagonisti/alleati hanno bisogno l’uno dell’altro per catturare un serial killer che uccide e occulta i cadaveri senza seguire uno schema prestabilito, un omicida plurimo che non sceglie i rituali meccanici della “serialità”. Il film non è perfetto, ha qualche debolezza strutturale, ma riesce a lavorare sull’angoscia dell’identificazione col male.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta