Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Le contraddizioni del sesso e della violenza si traducono necessariamente in follia pura e autolesionistica, che conduce o alla guerra civile o alla prostituzione del proprio corpo. Nei due protagonisti di The Coast Guard, uno maschile e uno femminile, facce diverse della stessa medaglia (l'essere umano istintuale e aggressivo) troviamo la dicotomia più affrontata e trattata da Kim Ki-Duk nel suo "primo periodo", che volge al termine con questa pellicola: la dicotomia di sesso e violenza, rappresentati più o meno esplicitamente in questo film poco conosciuto del regista, azioni-tipo delle essere umano che egli continua imperterrito a organizzare e gerarchizzare, nei gradi dell'esercito, nel maschilismo dilagante. Dal punto di vista visivo non si ritrova niente che Kim non abbia già mostrato, dai paesaggi costieri di Birdcage Inn alle forze militari di Address Unknown, ma qui il regista sud-coreano, oltre a lanciare una stoccata ironica e graffiante contro l'esercito del suo stesso paese, cerca anche la via dell'originalità, abbandonando il consueto percorso che portava alla scoperta del sentimento ma prediligendo un tono cupo e spiazzante, che caratterizza una trama che altrove si sarebbe usata in salsa di satira antimilitarista, ma che nelle mani di Kim diventa materia di un dramma violento e coinvolgente. Cambiando spesso i punti di vista, rovesciando le situazioni, affascinando con paesaggi grigi per le armi e il fango in cui i soldati realizzano le loro esercitazioni, Kim evita il manicheismo, non concede perdono né compassione, opera un sottile gioco al massacro in cui lentamente l'uomo può involvere allo stato brado. Se il protagonista maschile infatti impazzisce per il senso di colpa di aver ucciso per errore un civile, dopo essere stato provocato da vendette personali e rancori generali, la protagonista femminile vede il suo amato morire di fronte ai suoi occhi, proprio nel momento dell'estasi erotica, in un connubio di eros e thanatos che qui si fa funzionale, pretenzioso e sagace, appesantito dalla successiva scena splatter ma coerente con una narrazione senza un filo ben preciso; e così lei comincerà a concedersi a tutti i soldati, e l'uomo comincerà ad ucciderli uno ad uno realizzando la vendetta della vendetta. L'essere umano ne esce dunque molto male, vittima di sanguinari circoli viziosi e di impulsi sensibili parassiti, che lo portano a violenze inutili e superflue, schierato contro un nemico inesistente, facendo azioni che si ritorcono su sé stesse.
Un originalissimo film di guerra, sconvolgente (nell'ultima improvvisa sequenza, in cui la violenza irrompe nella vita civile) e imprevisto anche nella carriera di un regista talmente eclettico come Kim Ki-Duk.
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