Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
“Manuale d’amore” è un prodotto firmato da Veronesi, quello che tutti spacciano per il nuovo Monicelli. In effetti fa commedie (nel senso più basso del termine) e la produzione è italiana (sacrilego usare la locuzione “all’italiana”). Ma rispetto al consumato autore toscano, Veronesi non è che un regista di bassa lega incapace di tradurne nemmeno i più elementari crismi.
La storia sarebbe di per sé intrigante: il cerchio dei sentimenti gira e ritorna su sé stesso come un cd multimediale che ritorna inevitabilmente alla prima traccia. Senza tregua.
E l’idea di fondo del cd “Manuale d’amore” di cui si parla nell’incipit che viene ripercorso in video è l’unico elemento dell’intero film che si salva (non a caso firmata Vincenzo Cerami), alla stessa stregua dell’interpretazione di Carlo Verdone. In realtà, dietro una pretestuosa morale pessimistica sulle coppie moderne, si cela tutto il qualunquismo e la retorica di un messaggio veicolato attraverso gag di insulso valore, recitazioni fuori dai canoni (come la Littizzetto improba attrice drammatica o l’ennesimo ruolo da adolescente sfigato del più piccolo dei Muccino). Una commedia alla Muccino (quello grande, ma solo d’età) con tante urla, tante improponibili e sciatte palpitazioni, tanta carne messa al fuoco ma senza motivo d’essere. Se questo è il nuovo cinema italiano e se Giovanni Veronesi è il suo interprete massimo, abbiamo un motivo in più (se mai ce ne fosse bisogno) per rimpiangere il Monicelli dell’età d’oro.
Ah, Silvio Muccino s’è inghiottito la zeppola. Ma poco cambia al suo giudizio d’attore (basta guardarlo quando è chiamato a far finta di svegliarsi di soprassalto dopo un incubo).
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