Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
L’innamoramento, l’ultimo bacio (ma non bastava quello di Muccino senior?), la crisi, il tradimento, l’abbandono del solito sfigato (guarda caso Muccino junior!). Questi gli ingredienti, ormai assaporati da un buon secolo al cinema, nella nuova commedia di Giovanni Veronesi, Manuale d’amore.
Un manuale che comprende quattro capitoli, vissuti da quattro coppie diverse. Infatti, nel film di coppie scoppiate ce ne son tante: da Silvio Muccino con Jasmine Trinca, la cui recitazione è degna della campagna pubblicitaria della MaxiBon; la Buy che (ri)fà coppia con Rubini, uno dei pochi attori nel film che, ogni tanto, riesce a risollevare le sorti della commedia; eccezionale la Littizzetto alla continua ricerca del macho, personificato da un mingherlino Abbrescia; anche Verdone gigioneggia, non aggiungendo nulla di nuovo alle sue solite “macchiette”, ormai stagionate.
Veronesi si affida a quel tipo di commedia che funziona ad episodi, che riscosse tanto successo negli anni Sessanta, ma a cui oggi manca assolutamente quella profondità di sguardo, quel satiresco giudizio, che ha caratterizzato la migliore commedia all’italiana, da Risi a De Sica. Infatti, Veronesi, nonostante i suoi tentativi registici (come quello di far parlare in macchina alcuni attori, disseminare alcune voci over, far ruotare ogni tanto la macchina da presa attorno ai protagonisti, senza campo e controcampo, ecc), ridondanti e il più delle volte privi di significato, sembra essere interessato a voler trasmette semplicemente un messaggio al suo pubblico (specie a quello delle quattordicenni, che in questi giorni stanno invadendo le sale, attratte da Muccino junior): come non far apparire il proprio numero di cellulare a chi riceve la telefonata, “digitando cancelletto-31-cancelletto”. Oltre a questo, ci restano le 12 volte in cui nel film si cita la parola “cazzo”, e un maschilismo esasperante, con tutta una serie di donne che, sedotte e abbandonate, sono incapaci di guardare in avanti e ritornano al loro passato, rimpiangendo il “non essere uomini, perché altrimenti capaci di toccarsi i coglioni”. Questo è il cinema italiano e niente più.
Curioso il fatto che, a proposito di questo film si sia detto e scritto di tutto: che “Veronesi con Manuale d’amore” strizza l’occhio ad un maestro della commedia come Woody Allen”, o che la scelta di volere nel set la Buy e Rubini per il capitolo “la crisi” “è un’idea quasi kubrickiana”. Non ci saremmo scandalizzati se si fosse trattato delle solite ‘marzulliate’, con le quali cinefili e non, ci si addormenta durante la maggior parte delle notti insonni, ma sentirle affermare da certi critici o leggerle su alcune testate, desta veramente dispiacere, oltre che tristezza.
Sarà che in così tanto brutto cinema, specie italiano, il film di Veronesi è uno dei pochi capaci di far sorridere lo spettatore, ma lasciamo Kubrick nell’alto dei cieli e cerchiamo di restare coi piedi per terra, accontentandoci, almeno per il momento, di registi il cui lavoro non merita di essere compensato con il caro prezzo del biglietto a cinema.
Giancarlo Visitilli
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