Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
Oserei definire La morte sospesa un film non soltanto di alpinismo e non soltanto sull'amicizia, ma addirittura un film d'amore. Com'è intuibile dalla tematica, non ci sono scene di sesso né di passione comunemente intese, ma l'amore, almeno a mio parere, sì. È l'amore per la montagna, per il rischio, per la natura, per la sfida, ma anche l'amore per la vita e per il compagno d'avventura, quello che può salvarti la vita e che può condannarti a perderla, quello cui sei legato attraverso una corda che un coltellino può tagliare, fino a farti toccare il vuoto.
Chi ha la pazienza - ma il film scorre via veloce sul filo di una continua tensione - di arrivare alla fine capirà di cosa sto parlando, perché le parolacce di Simon dicono assai più di tanti baci visti sullo schermo e così pure quelle poche e lapidarie parole dette da Joe quando viene ritrovato allo stremo ma vivo, parole che non sono di perdono (perché lui sa che non ce n'è bisogno), ma fanno piazza pulita di qualsiasi dubbio che possa avere attecchito su chiunque abbia sentito questa storia: «io avrei fatto lo stesso».
Notevole l'idea di alternare il racconto dei veri protagonisti con le sequenze ricostruite grazie a due bravi attori: un espediente che non fa perdere niente della tensione vissuta dai due scalatori sulle Ande ed anzi, in qualche momento, la porta a vette difficili da scalare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta