Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Joint security Area è il primo vero successo di critica e pubblico del sud-coreano Park Chan Wook, colui che ha dato il via ad una nuova casata di registi locali denominati la "generazione cinefila"....
Il film è del 2000, pluripremiato in patria (tra i tanti premi vinti troviamo il miglior film e regia ai Blue Dragon film Awards) ed invitato a numerosi festival stranieri tra cui il nostrano Far East Film Festival di Udine.
Il film si presenta come un thriller mistery; sulla linea di confine tra Sud e Nord Corea due soldati nordcoreani sono stati brutalmente uccisi ed il sergente Lee (Lee Byung-hun) ,dell'esercito sudcoreano, è il principale sospettato mentre dall'altra parte il soldato Oh (Song Kang-oh) è sopravvissuto al presunto agguato "nemico"... .
Poco dopo l'inizio del film Park Chan wook si sposta sulla liena melodrammatica unita ad una feroce critica socio-politica dove emerge chiaramente la sua visione: la guerra porta solamente odio ed ignoranza.
Il film è sontuoso sotto tutti i punti di vista, un capolavoro da vedere e rivedere più volte; la regia è meravigliosa, il giovane Park propone uno stile post-moderno incredibilmente sfizioso ma non fine a se stesso, ora elencherò alcune -delle tante- sequenze meravigliose:
1) impossibile non partire dai primi due flashback soggettivi e menzogneri in cui vengono mostrate e raccontate le deposizioni dei protagonisti: si parte con la deposizione del soldato Lee, l'autore ci delizia con una soggettiva unita ad un carrello circolare e shaky-camera (lo stile registico qui prende il posto dei dialoghi)...
2)interrogatorio ai danni di Lee, la regia è molto elegante ed è contraddistinta da lenti movimenti di macchina ma improvvisamente assistiamo [SPOILER] al tentato suicidio del soldato Nam e Park Chan wook di conseguenza [FINE SPOILER] cambia registro e inserisce virtuosismi meravigliosi (freeze-frame, slow-motion...)
3) molte volte le scene di conversazione tra i protagonisti non sono riprese con stacchi e convenzionali campi e controcampi bensì tramite continue panoramiche circolari e a schiaffo con la macchina da presa posta in mezzo ai quattro protagonisti passando dall'uno all'altro senza soluzione di continuità (molti long take).
4) il mexican standoff finale -mostrato sempre tramite flashback-
5) epilogo poetico con un tableau vivant in bianco e nero, sganciato dalla logica temporale infatti ritroviamo tutti e 4 i protagonisti per un'ultima volta insieme, ribadebdo la possibilità di un'amicizia che la politica e ideologia hanno spazzato via
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Oltre alla stupenda e incredibilmente complessa regia il film tratta tematiche importantissime (il tutto messo in scena magistralmente da Park) dove il fulcro è l'amicizia tra due commilitoni appartenenti a schieramenti politici opposti, amicizia vera e sincera ma destinata ad essere spazzata via per colpa della politica e ideologia.
Collegato a questo perno si sviluppa la tematica del doppio, gestita su più livelli:
Si parte dall'analogia comportamentale tra i due protagonisti che sottolinea i tratti comuni (Lee e Oh) e mi riferisco al silenzio di entrambi durante il primissimo confronto con Sophie (colei incaricata di scorpire la "verità"); dal doppio analogico ci spostiamo al doppio dialogico in cui un personaggio ripete in un secondo momento ciò che l'altro aveva detto in precedenza sottolinenado ancora di più la vicinanza tra i due.
Concludo con il doppio di Sophie, sua madre è svizzera mentre suo padre è coreano tuttavia scoprirà che il padre in realtà...
Al di là della tematica del doppio, Park Chan Wook rovescia la stereotipata immagine, così come viene introdotta ai sudcoreani già in giovane età attraverso i mass media, dell'ufficiale nordcoreano; Oh in realtà è il più intraprendente e lungimirante dei soggetti in scena, lui è il vero ago della bilancia, interpretato magistralmente dal miglior attore sud-coreano in assoluto: il sempre perfetto Song Kang-ho.
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Film da vedere e rivedere
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