Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Makdong sta ritornando a casa con la sua divisa militare dopo che è stato congedato. Sul treno da buon samaritano prova a soccorrere una donna aggredita da tre bruti ma il risultato è quello di prendere un sacco di botte e di perdere pure il treno dopo aver provato a vendicarsi. Torna al sobborgo di Seul in cui abitava con la sua famiglia e le cose non è che vadano tanto bene. Il quartiere è più degradato di quanto lo ricordi, i soldi non sono tanti, i sogni si sono infranti, si sopravvive più di vivere. Eppure per lui arriva l'occasione perchè la donna che aveva soccorso era l'amante di un piccolo gangster che gli dà un lavoro da garagista. Entra quindi nella gang e riesce anche a scalare posti nelle gerarchie. Ma la sua passione, ricambiata a fasi alterne, per la donna del capo lo porterà irrimediabilmente alla caduta dopo un'ascesa vertiginosa.
Green Fish è un film che si discosta dallo stile degli altri film di Lee Chang Dong,scrittore che nel campo del cinema aveva solo scritto un paio di sceneggiature e passato senza alcun appredistato particolare alla regia.
E'un film meglio intellegibile ad una prima lettura, più epidermico, cristallino nel suo assunto e lineare nel suo corso. E' inserito in stilemi tipici del gangster movie da cui si distacca però con una poderosa( dal punto di vista emozionale) parte finale e per un discorso politico che è sempre bene evidente.
Makdong vive una situazione disagiata come la vivono la maggior parte dei coreani: il malaffare impera, la polizia è corrotta( buffa la scena di quando fanno la multa a suo fratello e i poliziotti oltre a farsi corrompere lo derubano anche di 5 mila won oltre il pattuito), l'unico modo di far successo è entrare nell'underworld delle bande criminali. Il suo boss si atteggia anche a filosofo di vita ma Makdong ha la sua visione, è impulsivo, umorale, prigioniero dei suoi istinti e soprattutto si avvicina troppo alla moglie del capo.
Da questo punto di vista il film di Lee Chang Dong ci racconta qualcosa di già visto soprattutto nel cinema di Hong Kong: storia di mafia, lotte intestine, violenze e prevaricazioni ingiustificate, lotte all'ultimo sangue per sopravvivere.
Ed è proprio per la passionalità che immette nella propria vita che Makdong va incontro a un destino funesto: ha perso quell'innocenza da bambino che lo caratterizzava(il discorso al telefono sul pesce verde,simbolo della perdita di una giovinezza e di un candore) e pagherà a caro prezzo le sue azioni.
Dal punto di vista strettamente formale stupisce la maturità nell'uso dello strumento espressivo, magari meno ellittico e raffinato di quello dei film successivi però di un livello sempre molto alto.
Green Fish sembra tutto fuorchè un film d'esordio di un autore passato al cinema dopo una carriera da scrittore.
Se la parabola di Makdong è qualcosa di già visto, quello che appare nuovo nel film coreano è la malinconia che lo caratterizza, il pessimismo cosmico che lo avvolge, la critica politica che esonda allorchè sembra che l'unica possibilità di emergere per un poveraccio è quella di darsi al crimine.
E quell'ultima sequenza in cui la placida rusticità anche un pò antica del ristorante dei familiari di Makdong è contrapposta ai mostri di ferro e cemento che fendono l'aria per arrivare a "grattare" il cielo simbolo del nuovo e dell'arricchimento impazzito vale più di qualsiasi critica al rinnovamento che avanza in Corea.
Così come letteralmente trafigge il pianto catartico della donna del gangster che di nascosto si accorge che quel ristorantino che serve zuppa di pollo freschissima, è dei familiari di Makdong.
Un brano di cinema destinato a rimanere parecchio nella memoria.
GIà grande al suo esordio
prova eccellente
notevole
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