Regia di Duccio Tessari vedi scheda film
Uno dei primi lavori di Duccio Tessari, che riporta sul grande schermo una novella ottocentesca di Francesco Dall'Ongaro già affrontata in passato da altri registi, fra cui da Duilio Coletti nel 1939 e Giacinto Solito nel 1952. La sceneggiatura è di Tessari e di Marcello Fondato, la co-produzione italo-francese permette lo sfoggio di un cast di buonissimo livello: Enrico Maria Salerno, Gastone Moschin, Sylva Koscina, Michéle Morgan, Stefania Sandrelli e Jacques Perrin sono i principali nomi sul cartellone, mentre nel cast tecnico svettano, per il buon lavoro e per i nomi, Armando Trovajoli (colonna sonora) e Luigi Scaccianoce (scenografie, già con Rossellini, Pietrangeli e molti altri; in futuro lavorerà anche nel Satyricon di Fellini). Belle le atmosfere grigiastre di una Venezia minacciosa, in stile con l'andamento claustrofobico della trama; purtroppo la durata è forse eccessiva: sebbene si tratti soltanto di un centinaio di minuti, il ritmo è piuttosto altalenante. La morale del lavoro è semplice (il potere si autoconserva a ogni costo, il mondo si divide fra chi sta al potere e chi lo subisce), ma efficace ed espressa in maniera inequivocabile (il film si chiude sull'esecuzione del condannato). 5,5/10.
Venezia, Cinquecento. Un povero fornaio trova per caso il cadavere di un nobiluomo per strada, accoltellato. Qualcuno lo vede e fa la spia: viene accusato di omicidio e giudicato colpevole, contro ogni evidenza (perfino ignorando l'autoaccusa del vero assassino) da una giuria composta di nobili.
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