Regia di Brad Silberling vedi scheda film
L’immaginario letterario della deliziosa e perfida saga Una serie di sfortunati eventi di Lemony Snicket (pseudonimo dello scrittore americano Daniel Handler), che dovrebbe concludersi con la pubblicazione del tredicesimo volume, ha la cattiveria delle belle fiabe: esercizi spirituali sulla paura e su un mondo meno accogliente e innocente di quanto vogliano farci credere gli ipocritici buonisti in circolazione. Violet , Klaus e Sunny Baudelaire, i tre orfani protagonisti della storia, scoprono che l’infanzia è una sequela infinita di sventure interrotta da effimeri intervalli di serenità. L’orco cattivo da cui devono guardarsi è il malvagio conte Olaf, un guitto eccentrico, che vuole impadronirsi con ogni mezzo del patrimonio dei tre sventurati fratelli. I romanzi in cui la voce narrante dello scrittore ha un ruolo centrale sono pieni di invenzioni, sottigliezze lessicali, dettagli spiritosi e sono marinati da un’ironia acidula. Nel portare al cinema i tre primi volumi della saga (Un infausto inizio, La stanza delle serpi, La funesta finestra) l’immaginazione romanzesca si infiacchisce e si banalizza, nonostante l’impianto visivo e fotografico, le scenografie, i costumi siano splendidi. Jim Carrey ha il torto di non contenersi. La riduzione cinematografica sforbicia, sintetizza e danneggia atmosfere e situazioni.
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