Regia di Bill Condon vedi scheda film
«Se ogni singola piccola cosa vivente È diversa da ogni altra cosa, allora la diversità diventa la verità irriducibile della vita. Soltanto la varietà È reale. E per vederla, dovete semplicemente aprire gli occhi», dice ad una classe interessatissima Alfred Kinsey, lo scienziato che negli anni ’40 - ’50 sconvolse l’America puritana con resoconti e studi dettagliati e innovativi su sessualità femminile e maschile, ruoli e sessi. Che banalità capitale. E che verità, appunto. Provate oggi a dirla a chiare lettere, a tutti i fascisti, a tutti i reazionari, a chiunque pensi che la realtà giusta sia quella che il tradizionalismo normativo ci ha inculcato. Risultato? Gli stessi sconvolgimenti, lo stesso shock di sessant’anni fa. Alfred Kinsey ci appare oggi figura che più moderna non si può, quasi fantascientifica, e non dobbiamo rallegrarcene. Perché significa che non è cambiato nulla, che non abbiamo fatto nemmeno un passetto in avanti, che la nostra mentalità è ancora stuzzicata e mossa da un’egemonia culturale spaventosa. Ecco la ragione dell’importanza del film di Bill Condon. Che ci dice limpidissimamente cose in grado di sconvolgerci tuttora (attenzione al personaggio di William Sadler), di farci meditare. Ma perché ci sentiamo spinti a meditare, quando tutto questo dovrebbe essere già acquisito, già archiviato, già nel nostro dna? E invece no, Kinsey ci mette in gioco. Poco importa che lo stile sia piano, molto classicamente ordinario; ciò che conta, e tanto, è che Kinsey ci faccia vedere che il palesamento nudo e crudo di ogni specificità si ritorce purtroppo contro l’onestà e il candore dello stesso. La colpa è principalmente dell’ideologia dominante. Che sia oggi un blockbuster a raccontarcelo, e per giunta americano, è sorprendente. La semplicità, perfino l’ingenuità di Alfred Kinsey appaiono come scoperte inaudite. Laddove Demoni e dei, il precedente film militante di Condon, era accademico e un po’ vittimistico-martirizzante, Kinsey è arrischiato e coraggiosissimo. Non per niente in patria la Chiesa lo ha attaccato. Lo conferma Alfred alla moglie, nel finale, tra gli alberi, «andiamo, che c’è ancora molto da fare». Una chiusa brusca, che getta una luce tragica sui risultati della nostra stramaledetta società filosofico-scientifica (civile?).
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