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Le passeggiate al Campo di Marte

Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film

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La recensione su Le passeggiate al Campo di Marte

di yume
8 stelle

Scevro da agiografia, nulla che, al contrario, calchi la mano sugli aspetti più discussi e discutibili del personaggio, il biopic funziona proprio per la capacità di restituire una misura umana ad uno di quegli uomini che il potere snatura facendone simulacri spesso votati all’oblio o, peggio, alla damnatio memoriae.

Antoine Moreau (Jalil Lespert), il giovane giornalista che interpreta il vero Georges-Marc Benamou che con Gilles Tourand scrisse Le dernier Mitterrand, colloqui con il Presidente tra il ’92 e il ’95, si chiede perché Mitterand abbia scelto proprio lui per quegli ultimi incontri all’ Eliseo e in giro per la Francia:

Perché sono troppo giovane per essere stato gauchiste? Perché conoscevo Albert Cohen? Perché ero più malleabile? O semplicemente perché passavo di là?

 Forse aveva solo bisogno di un’iniezione di giovinezza il vecchio Presidente che cammina un po’ incerto, barcolla ma non si arrende, si sente un vecchio leone, l’ultimo grande Presidente, ha detto, l’ultimo di quelli veri, “poi saranno tutti contabili”.

"Ultimo re di Francia" lo chiamavano, eletto presidente nel 1981 e nel 1988, ora è un vecchio malato e si mostra ad Antoine in tutta la sua decadenza, gli chiede di aiutarlo ad uscire dalla vasca da bagno, è un vecchio corpo nudo e fragile che non molla, ma ha tanto freddo:

Ho fatto i conti e devo resistere altri sei mesi e dodici giorni, così abbiamo un po’ di tempo per lavorare”.

Tra il 1999 e il 2005 il grande Sokurov aveva già parlato dell’uomo di potere e della sua inevitabile caduta, nella malattia e nella morte.

Sei come una volta – dice la moglie al vecchio Lenin, che lei chiama Volodia, malato ed esautorato a Gorkij, dove morì nel gennaio del 1924 – non hai famiglia, né amici, né casa”.

Ma io ho la Storia

Hai solo la malattia”.

Taurus, 2001, film centrale sulla “trilogia del potere”, preceduto da Moloch, 1999, Hitler, e seguito da Il sole, 2005, Hirohito, vite al termine e non ci sono ultime parole che valga la pena di registrare.

Mitterand, ironico anche su sé stesso, dice di aver riletto tante biografie alla ricerca dell’ultima frase felice da lasciare ai posteri, ma nulla, solo “C’est fini”.

Quanto a lui, chiede di restare solo, davanti alla finestra che inquadra l’albero spoglio di gennaio e ad Antoine dice “Va’, salvati”.

Robert Guédiguian si mette sulla stessa strada di Sokurov con Le passeggiate al Campo di Marte, 2005.

Mitterand “il Fiorentino”, il nuovo Machiavelli, “l’ultimo re”, offre ampia materia di riflessione a chiunque voglia capire “ … di che lacrime grondi e di che sangue” lo scettro di ogni “regnatore”.

Ma da quelle “passeggiate” non emerge molto della Storia, non si entra se non per accenni nella politica, il passato, Vichy, De Gaulle, la resistenza, il salto da destra a sinistra, le accuse, le riforme, le grandi tappe di una presidenza memorabile sono ombre lontane, resta l’uomo che sa di dover morire a breve.

Michel Bouquet, classe 1925, la stessa di Mitterand, nella versione italiana ottimamente doppiato da Omero Antonutti (ma l’ascolto in lingua originale regala un francese cristallino, “chiaro e distinto”) è stato un interprete fedele del suo personaggio, grande attore che ha dato ai suoni e ai movimenti del proprio corpo la caratura appropriata per trasmettere empatia al pubblico.

Al giovane giornalista trentenne (Mitterand gli chiede quasi subito l’età, da vecchi si fa spesso, senza ritegno) Robert Guédiguian, regista armeno/marsigliese, da sempre devoto alla causa operaia/popolare e momentaneamente in trasferta ai piani alti, affida il compito non facile di mettersi all’ombra di un grande vecchio con tutta la gamma di reazioni e sentimenti che in questi casi si scatenano in un giovane intelligente.

Antoine è un giovane ambizioso, soprattutto è attratto dall’icona che lo ha voluto al suo fianco, ne è affascinato e spesso intimidito, ma quando Mitterand sollecita un suo giudizio non esita a dire la sua.

Il Presidente l’ha voluto vicino certo che affidare alla sua giovinezza il ricordo dei suoi ultimi giorni sia un modo per lasciare qualcosa al futuro, alle nuove generazioni, e quel che nasce fra i due è un legame che va oltre la ritualità ufficiale.

Il vecchio non ha remore a mostrarsi fragile, ma sa anche tener bene il timone della sua presenza carismatica, il giovane gli si avvicina con curiosità e rispetto, alla fine anche con affetto.

Gusti, passioni, debolezze, ma soprattutto riflessioni sulla vita e sulla morte, questo è il repertorio dei discorsi di Mitterand, ormai all’ultimo stadio di un tumore alla prostata.

E quel bubbone mai risolto, Vichy e la sua compromissione.

E’ un tema doloroso, ha bisogno di parlarne e lo fa subito, in apertura.

C’è una sua foto al fianco di Petain. Come fu che andò?

Si esce da queste chiacchierate senza saperne molto di più, e forse è giusto così, di fronte alla morte cosa resta che conti veramente?

Scevro da agiografia, nulla che, al contrario, calchi la mano sugli aspetti più discussi e discutibili del personaggio, il biopic funziona proprio per la capacità di restituire una misura umana ad uno di quegli uomini che il potere snatura facendone simulacri spesso votati all’oblio o, peggio, alla damnatio memoriae.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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