Regia di Terry George vedi scheda film
Il primo re del Rwanda aveva tre figli: Gatwa, Gahutu e Gatutsi. Consegnò loro un secchio di latte a testa e il giorno dopo chiese che venisse riconsegnato. Gatwa lo aveva bevuto tutto, Gahutu lo aveva un po' bevuto e un po' rovesciato, Gatutsi riconsegnò il secchio pieno. Ecco che Gatutsi venne ricompensato con un bene importantissimo: le vacche. Gahutu avrebbe potuto guadagnarsele lavorando duramente nei campi e invece Gatwa avrebbe dovuto dimenticarsele.
Ecco l'origine dei tre principali gruppi sociali ruandesi secondo la tradizione ruandese: i ricchi allevatori proprietari di bestiame (i Tutsi), gli agricoltori che possono sperare di acquistare bestiame e riscattare la loro dura vita di contadini (gli Hutu che quindi possono diventare Tutsi) e i nomadi che vivono di raccolta dei frutti spontanei della terra e della caccia, che non hanno né possedimenti né fissa dimora (I Twa o pigmei).
Poi arrivano i colonizzatori tedeschi, di cui probabilmente la popolazione indigena neppure si è accorta, e dopo ancora arrivano quelli belgi che, applicando le leggi della fisiognomica, distinguono i tre gruppi in tre etnie irrigidendo il sistema, scrivendo l'etnia di appartenenza sulle carte di identità, impedendo il passaggio da un gruppo sociale all'altro (da un'etnia all'altra).
E qui iniziano i problemi...
L'eccidio del '94 è stata l'ultima, in ordine di tempo, delle sciagurate e sanguinose tragedie causate dal colonialismo in Rwanda (e in Africa in generale). Viene dato il potere alla minoranza Tutsi (identificata tenendo conto dell'altezza della persona, della forma del naso, della curvatura della nuca...) per i loro tratti europei e quindi considerati di intelligenza superiore rispetto a chi ha tratti negroidi. Questa elite è naturalmente invisa alla maggioranza sottomessa del Paese che non ha possibilità di riscatto. Così iniziano le stragi, gli esodi, i ritorni con ulteriori stragi e una spaccatura al momento insanabile tra gruppi di persone all'interno dello stesso Paese.
Hotel Rwanda narra la storia del genocidio del '94 dal particolare punto di vista di un uomo che ha salvato moltissime vite e le tre stelle che ho dato come voto vanno all'eroismo di Paul Rusesabagina, alla memoria dei milioni di morti e scomparsi prima, durante e dopo il genocidio, a quella dei traumatizzati, degli orfani vittime della stupidità, dell'ignoranza e dell'indifferenza occidentale verso un paese che ha una terra ricchissima che regala tre raccolti ogni anno, che non conosce la siccità e che era ricca anche da un punto di vista culturale e di tradizioni.
Il voto non va al film in sé che trovo banale per quanto toccante nelle scene più drammatiche. I cattivi sono presentati come "l'africano" nella peggiore delle accezioni nell'immaginario occidentale, il buono invece è occidentale in tutto: il linguaggio, il comportamento sociale, i rapporti familiari. Di nuovo la cultura africana è negata e stravolta.
Se non altro questa pellicola ha (ri)acceso i poco costanti riflettori europei e americani su questa tragedia.
Altro aspetto critico: il genocidio del '94 è presentato dall'attuale regime ruandese, e come tale da tutti accolto fuori dal Rwanda, come il genocidio dei Tutsi. Sono stati decine di migliaia gli Hutu moderati uccisi dagli Interahamwe (i miliziani stragisti) e poi dalle truppe del Fronte di liberazione Ruandese guidate dall'attuale presidente Tutsi Paul Kagame che impedisce (molte ancora oggi le sparizioni in Rwanda) di far passare un'informazione sul genocidio diversa da quella ufficiale.
Sarebbe bello poter vedere un giorno un film africano su questa tragedia ma sarà molto più probabile assistere ad un ennesimo genocidio.
Una lettura molto interessante: 'Istruzioni per un genocidio' di Daniele Scaglione.
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