Regia di Charles Shyer vedi scheda film
Jude Law è l’attore meno amato da Chris Rock (nel monologo d’apertura della 77esima notte degli Oscar il comico lo ha strapazzato senza riguardi). Il geniale Steven Spielberg ne ha individuato la bellezza al limite dell’artificiale e in A.I. lo ha utilizzato come personaggio-robot. Non si può che partire dal protagonista e dalle diverse reazioni che suscita mentre si guarda questo remake di un film del 1966 diretto da Lewis Gilbert. Il confronto tra i due film e tra i due interpreti-motori della storia (nella prima versione era Michael Caine) si trasformerebbe in un inevitabile gioco al massacro. I remake sono sistematicamente inferiori agli originali. Problema di corpi di attori, di consistenza tattile delle storie, di collocazione dello spettatore rispetto allo schermo. In questa commedia drammatica (non è un ossimoro) sulle disgrazie della seduzione, sul dongiovannismo con contrappasso, sullo charme come griffe del mondo dell’apparenza, sulla lotta senza requie tra maschi e femmine, i primi venti minuti sono da fuga verso l’uscita di sicurezza. Poi anche chi è insensibile al carisma di Law entra nel meccanismo del film e si gode le analogie (non è un difetto) con alcuni dei crucci sessuali-sentimentali delle ottime e popolari serie Tv statunitensi.
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