Regia di Augusto Genina vedi scheda film
Un ricco possidente ateo ingaggia una prostituta per impersonare la Madonna nella processione del venerdì santo, per poi rivelare tutto e screditare così l’odiato parroco. Il motivo per cui la donna accetta (a differenza di tutte le compagne) viene prima lasciato intuire, poi svelato in uno straziante flashback senza parole. Intanto le comari del paese sono in rivolta, perché è stata preferita una forestiera alle loro figlie. Si finisce con una via crucis tremendamente realistica. Pur nelle forme compassate ed enfatiche di un melodramma devozionale (dare alla protagonista il nome tipico della peccatrice redenta è un espediente scontato), già praticate da Genina in Cielo sulla palude, il film ha una certa modernità che lo può fare apprezzare anche oggi: Jésus of Montréal, di Arcand, racconta una storia abbastanza simile. Si parla di colpa e pena, degli strumenti imperscrutabili attraverso cui agisce la Grazia, della possibilità di rinascere: persino il cattivo, dopo aver toccato il fondo, si rende conto della mostruosità delle proprie azioni. In Italia un Dreyer non l’abbiamo mai avuto: accontentiamoci dei surrogati.
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