Regia di Augusto Genina vedi scheda film
Pellicola in un bianco e nero poco pastoso, dove è asciutto il meccanismo del melò e le retrovie del realismo dove ogni paese e ogni situazione davano il là a sceneggiature già scritte e a storie poco adatte al pubblico televisivo di oggi. Metodi di cinema (che fu) da riscoprire assolutamente dove (registi di 'seconda mano') il metodo 'zavattiniano' è solo metafora di un mondo macerato in tutti i risvolti familiari. Non c'è proprio pace tra gli ulivi (parafrasando e nominando un film 'epocale') e gli abitanti non vedono di buon occhio la donna (di altri) interpretare la Madonna nella Via Crucis che Don Vincenzo (un Gino Cervi di grande umanità) vuole ricreare con i suoi parrocchiani. La donna (una bravissima Marta Toren) si scopre essere una prostituta ("della peggiore specie" come lei confessa al Don...in un incontro di grande impatto recitativo)..e il paese insorge alla notizia.. Ma solo un miracolo (di una guarigione)..o quello che ne appare riesce in un primo tempo a salvarla dal linciaggio....fino a che... Un epilogo amaro con immagini che rimangono impresse e sguardi di donne incredibilmente spiate nel loro intimo senza eccesso e con una sobrietà che (più di qualcuno) dovrebbe copiare. Cervi tiene il passo e regge la storia con uno stile tutto suo (mi ha fatto pensare al prete-Fabrizi di "Roma città aperta")...e un modo teatrale oggi nel cinema quasi completamente perso (si deve dire che attori di vaglia...di quel tipo non vi sono più o quasi...).
Il film riflette schemi (senza eccessi rindondanti) melò di Matarazzo anche se la partitura 'malinconica' ha altra direzione. L'ambientazione è congeniale alla storia. Buona prova della regia.
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