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La foresta di smeraldo

Regia di John Boorman vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su La foresta di smeraldo

di George Smiley
9 stelle

Una delle prove migliori di John Boorman dietro la macchina da presa, "La foresta di smeraldo" è un film che appassiona e fa riflettere, coniugando l'avventura pura con una decisa presa di posizione a favore della natura e del diritto di ogni popolo ad essere rispettato.

Bill Markham è un ingegnere trasferitosi in Brasile assieme alla famiglia per completare la costruzione di una grande diga idroelettrica. Un giorno, portata la famiglia in gita ai confini della foresta amazzonica, suo figlio Tommy viene rapito dalla tribù indigena del "Popolo invisibile". Dieci anni dopo lo ritroverà ormai cresciuto e adottato dall'indigeno Wanadi, capo del popolo invisibile, e lo aiuterà ad affrontare la tribù cannibale dei "Feroci" e a salvare le donne del proprio popolo da dei malviventi intenzionati a sfruttarle come prostitute...

La foresta di smeraldo (1985) | FilmTV.it

John Boorman è un regista di razza e con "La foresta di smeraldo" ha confermato il suo talento nel raccontare storie di ogni genere coniugando azione e sentimento, tensione ed autorialità. Il lungometraggio ha il respiro ampio e profondo del miglior cinema d'avventura, senza tuttavia rinunciare a un sincero e appassionato impegno politico ed ecologista a cui il regista ha prestato la massima attenzione, al punto di vivere per un anno assieme agli indios della zona amazzonica dell'Alto Xingu in modo da studiare approfonditamente e fare esperienza delle loro usanze e del loro stile di vita, esperienza che si riverbera nel dettagliato affresco che ci viene mostrato del popolo invisibile: «Possono essere terribilmente sofisticati, e questa è una cosa che nel film ho cercato di spiegare. Vivono in una complessa struttura sociale e mistica. Attraverso i sogni, le danze, i rituali, gli indios della foresta amazzonica entrano nel mondo degli spiriti, il mondo dei sogni, dove viene vissuta la vita reale». Non manca ovviamente la decisa condanna della natura predatoria e voracemente distruttiva della modernità, senza tuttavia scivolare in toni moralistici e anzi mostrando senza remore la struttura comunistica e insieme patriarcale della società selvaggia, sfidando anche la retorica progressivista. Ruspe e trattori che come gigantesche termiti sradicano un albero dopo l'altro, disboscando centinaia se non migliaia di ettari di foresta; colate di cemento che stravolgono il paesaggio circostante e segnano l'espandersi inesorabile della città e delle attività economiche ad essa connesse; ed infine non si esimono dal fare capolino la corruzione, il contrabbando e lo sfruttamento dei corpi sotto forma di deportazione e prostituzione forzata. Persino i già animaleschi "Feroci" mutano in esseri ancora più spregevoli e spietati dopo l'incontro con gli uomini bianchi. Ma non è tutto qui. Il film è anche un racconto di formazione e un dramma familiare, in cui due padri diversi convivono nell'animo dello stesso figlio, il quale pur volendo bene ad entrambi dovrà scegliere quali orme seguire. Ottimo cast con il figlio dello stesso Boorman, Charley, nel ruolo di Tommy ("Tomme" per gli indigeni), un carismatico Powers Boothe nei panni del padre naturale, Meg Foster in quelli della madre e Ruy Polanah nella parte del padre adottivo, oltre ad una colonna sonora che ben si sposa con le riprese. Costruendo una messa in scena potente e immagini di struggente bellezza naturalistica, John Boorman dirige con impeto e con un certo misticismo un'avventura mozzafiato nel cuore dell'Amazzonia, ammonendo gli spettatori a non disprezzare i popoli primitivi che vi abitano e a rispettare e proteggere questo straordinario ecosistema, difendendolo dalle rapaci mire del profitto.

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