Regia di John Boorman vedi scheda film
Un autore spesso controverso e ritenuto potenzialmente reazionario come il britannico John Boorman ha sostenuto spesso la nocività di un uso incauto e scellerato del progresso, auspicando un ritorno alle radici "verdi" della società: nel suo titolo forse più celebre, "Un tranquillo week-end di paura" la teoria era sposata in pieno, e se chi lo apprezzò ne fece un cult, i detrattori stroncandolo ne sottolineò la sostanziale tendenza antiprogressista. Il tema ritorna ne "La foresta di smeraldo", uscito a metà anni Ottanta, su una vicenda drammatica come quella dell'ingegnere che vede sparire il figlioletto nella foresta delle Amazzoni, e ritrovarlo molto tempo dopo come giovane guerriero di una tribù rimasta fuori sincronia con i tempi. Se la Civilizzazione è questa, che strazia il patrimonio naturale arboricolo e ruba le figlie della foresta per sfruttarle nel mondo lercio della prostituzione, afferma Boorman, meglio buttar giù la diga e impedire all'Uomo del secolo Ventesimo di distruggere tutto. Come film avventuroso, "La foresta di smeraldo" vanta una buona tenuta di ritmo, e una bella dose di spettacolarità, senza risparmiare qualche crudezza: dal punto di vista della tesi, così messa spinge a riflettere su quanto in effetti una cosa sia portare avanti un processo di modernizzazione e un'altra abusare di Terra e culture diverse. In ogni caso, un buon film che dopo un ventennio non mostra segni di invecchiamento.
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