Regia di James Whale vedi scheda film
Sullo stile de Il castello degli spettri James Whale, reduce dal successo del celebre Frankenstein e ispirato da una bella sceneggiatura, realizza con The old dark house il migliore horror della sua carriera.
Penderel (Malvyn Douglas), la sua fidanzata Margaret (Gloria Stuart) e il fratello di quest'ultima, Philip (Raymond Massey), sono in viaggio nelle montagne del Galles quando, ormai in tarda sera e nel buio più totale, un irruento temporale rende il percorso stradale inagibile. Disorientati e preoccupati, dopo aver superato una frana i tre arrivano in prossimità di un antico castello presso il quale, dato il persistere delle avverse condizioni climatiche, chiedono ospitalità. Accolti dal maggiordomo muto, Morgan (Boris Karloff), fanno conoscenza della strana famiglia Femm, composta da Horace (Ernest Thesinger), sua sorella Rebecca (Eva Moore) e il patriarca ultracentenario Roderick (Elspeth Dungeon). Nel mentre di una cena improvvisata, altri due viandanti bussano alla porta: sono Gladys (Lilian Bond) e William (Charles Laughton). La serata, contraddistinta da vivaci scambi di opinioni tra gli ospiti, riserva però un'inattesa sorpresa, quando a causa del maltempo il generatore elettrico smette di funzionare. Si scopre così che Morgan diventa pericoloso e aggressivo dopo aver bevuto troppo, e che in una camera segreta viene tenuto rinchiuso, perché considerato pazzo e piromane, Saul (Brember Wills), fratello di Rebecca e Horace.
"È una bella stoffa, ma marcirà. E questa è anche migliore, ma marcirà anch'essa col tempo." (L'anziana Rebacca Femm si pronuncia in merito ai vestiti - e alla pelle - della giovane Margaret)
Grazioso horror venato di ironia (Rebecca, l'anziana sorda, in tal senso si rende complice di siparietti molto efficaci) che ricalca, per certi versi, Il castello degli spettri di Paul Leni anche se qui, a far impressione, sono le atmosfere (in primis un temporale irrefrenabile) caratterizzate da lumi di candela, luci che vanno e vengono e ombre spettrali. Karloff non parla e ricopre un ruolo secondario mentre a far venire la (vera) pelle d'oca, oltre al centenario confinato in soffitta, sono i discorsi (con deliranti teorie sulle fiamme e il fuoco) e gli sguardi allucinati del folle Saul (Brember Wills). James Whale, fresco del clamoroso successo di Frankenstein (1931), si trova di nuovo a lavorare su un soggetto ispirato da un racconto omonimo (The old dark house) di John Boynton Priestley, per l'occasione adattato al grande schermo - con un taglio ibrido tra commedia e horror - da Benn W. Levy.
Produce di nuovo l'Universal, casa specializzata nella realizzazione di grandi classici dell'horror in bianco e nero, che mette a disposizione del regista suggestivi set (in particolare gli interni), garantendo la presenza di attori eccezionali, in grado di oscurare persino la presenza del "mostro sacro" Boris Karloff. Eccentrici e indimenticabili sia Brember Wills nei panni del pazzo, che l'attrice (in realtà è una donna, accreditata nel film come John Dungeon) Elspeth Dungeon in quelli del centenario invalido e loquace nello svelare i segreti di famiglia. Benché Il castello maledetto sia molto migliore di Frankenstein, e probabilmente il più riuscito film di Whale, a differenza del celebre titolo ispirato dal racconto di Mary Shelley non ha incontrato i favori del pubblico.
Curiosità
Nel 1971 Mario Colucci gira l'interessante horror Qualcosa striscia nel buio, con quasi identica sceneggiatura riproposta a fumetti anche nell'Oltretomba gigante n. 28 (settembre 1975). Molte sono le similitudini con The old dark house, in particolare appaiono al limite della coincidenza nell'incipit dei due film dove, in entrambi i casi, i protagonisti sono costretti, per condizioni climatiche infernali, a sostare all'interno di un maniero isolato.
"Il castello ha molti ingressi. Ora è in voga l’uno, e tutti passano di lì, ora l’altro, e il primo è disertato. Secondo quali regole avvengano questi cambiamenti non s’è ancora potuto scoprire." (Franz Kafka)
Trailer
The old dark house (James Whale, 1932)
F.P. 03/04/2020 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 69'10") / Aggiornamento della recensione pubblicata in precedenza su Il davinotti
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