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Constantine

Regia di Francis Lawrence vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Constantine

di SredniVashtar
7 stelle

L'ambiguità di Reeves serve alla credibilità e alla trama. Il tutto si regge, con qualche scricchiolio ma senza vere cadute.

Su Constantine leggo recensioni molto contrastanti: “una puttanata orrenda”, “il miglior film mai visto”… etc. etc.

Per me ha momenti molto suggestivi, altri meno. Vediamo i primi. L’inizio è molto energetico, adrenalinico, e Constantine (Reeves) si palesa immediatamente per uno di quegli eroi dolenti e solitari - protagonisti di tanti gialli à la Hammet – che hanno fatto la fortuna di un filone inesauribile (Mitchum su tutti, con largo distacco su Nicholson ed Elliott Gould). La prima domanda cruciale arriva subito: è Reeves in grado di sostenere la parte? Sinteticamente: sì.

L’hawaiano dallo sguardo incantatore è – da sempre – affetto da due problemi strutturali: una recitazione perennemente sussurrata, in punta di labbra (deve aver letto tutti i poeti maledetti, in gioventù) e un solo apparentemente antitetico gigionismo caratteriale, che fa sì che anche quando fa la pipì o rutta voglia risultare pregnante. In più, in Italia è doppiato da un suo facsimile vocale, che soffre quanto lui (o forse di più). Ne consegue che con Reeves in versione italiana devi sempre tendere l’orecchio per capire che dice, anche se alzi il volume al massimo. Però in questo film Constantine è davvero preda di rogne colossali: sta morendo di cancro ai polmoni ed è prenotato per l’Inferno (ha tentato il suicidio, atto vietatissimo in certi contesti religiosi). Quindi, sempre sinteticamente, per una volta la sua espressione di candidato all’obitorio non è fuori posto. Riesce persino a rendere plausibili le scene più spinte, tipo la discesa agli inferi. In ciò è aiutato dalla miglior rappresentazione dell’inferno che io ricordi, tutto vento rosso turbinante e disorientamento sensoriale.

 

Nel compito di sbrogliarsela tra angeli poco angelici, demoni assai demoniaci, stregoni neutrali postmoderni e collaboratori da Armata Brancaleone (finiscono male tutti tranne uno), si accompagna a una Rachel Weisz assai meno conturbante che ne Il nemico alle porte ma comunque di gradevole presenza, la quale (Weisz) fa la poliziotta e vuole vederci chiaro nell’apparente suicidio della sorella. Il trucco del film è che per spalancare ai demoni il dominio della Terra serve proprio il sangue puro della donzella, e quindi Constantine la deve prima proteggere e poi salvare. Ma questa è la trama, che non ci interessa.

Ci interessa – dicevo sopra – l’atmosfera, e quella a tratti c’è, pure bene. Però non si può sempre volare sulle ali della poesia, e quindi nella pellicola ci sono momenti francamente imbarazzanti, in cui tutti aspettano la prossima stregoneria per alzare il ritmo, ma nel frattempo cincischiano un po’ troppo con sguardi muti che non sanno su cosa posarsi. In poche parole, l’insieme è discontinuo.

Lo spettatore che invece sia più interessato ai singoli che al gioco di squadra avrà tempo e modo di apprezzare Pruitt Taylor “Pianista sull’oceano” Vince, ancora più sfortunato di Constantine, uno Shia LaBeouf un po’ sottomisura, una Tilda Swinton come sempre ultra-inquietante (qui serve) e – rullo di tamburi – un Peter Stormare più a suo agio di un topo nel formaggio.

 

Se poi vogliamo trovare il pelo nell’uomo (il regista), diciamo pure che alcuni effetti speciali non sono sempre all’altezza, per non parlare della sottotrama del figlio del demonio in caccia di poliziotte, che resta appiccicata al resto del film come un inserto pubblicitario a puntate.

 

Nonostante ciò l’insieme si sostiene e il finale – una volta tanto – non scade in baci al tramonto e violini in sottofondo.

Migliorabile, ma più che dignitoso. Sette (7).

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