Regia di Marcel L'Herbier vedi scheda film
Saccard è un banchiere e un affarista senza scrupoli; dopo un rovescio di fortuna, finanzia una spedizione aerea transatlantica in vista di un grosso affare in Sudamerica. Ma ciò che realmente gli interessa è una donna sposata.
Parabola sulla cupidigia insensatamente eccessiva dell'essere umano e sulla decadenza morale che è fedele compagna del denaro, aumentando direttamente in proporzione all'aumento di esso, L'argent è innanzitutto un romanzo di Emile Zola, che nel 1928 è stato traslato sul grande schermo da un adattamento di Michel L'Herbier, anche regista della pellicola. Siamo alla fine dell'epoca del muto, L'Herbier è un buon illustratore ma non imprime molta personalità all'opera; il cast di interpreti a disposizione sfoggia però una serie di nomi interessanti: Brigitte Helm (Metropolis), Alfred Abel (Il dottor Mabuse, Metropolis), Pierre Alcover, Marie Glory, Henry Victor (di lì a poco sarà in Freaks di Browning) e, in una parte meno importante, c'è Antonin Artaud, che in quello stesso 1928 prendeva parte anche a La passione di Giovanna d'Arco di Dreyer. Quasi tre ore di durata appesantiscono la visione e la giustificazione del voluminoso blocco di materia narrativa che costituisce il testo di partenza non può reggere a fronte di una lunghezza simile; dei tagli ininfluenti ai fini logici della trama non sarebbero stati difficili da praticare. Il messaggio, l'insegnamento de L'argent arriva forte e chiaro anche senza la gag comica che conclude la pellicola (dopo 170 minuti drammatici, peraltro: come un fulmine a ciel sereno): la brama di ricchezza da parte dell'uomo è inarrestabile e porta alla perdizione, alla sconfitta morale e reale, terrena. 6/10.
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