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24 ore a Scotland Yard

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su 24 ore a Scotland Yard

di mck
8 stelle

"The day Thou gavest, Lord, is started...".

 

 

John Ford odiava i poliziotti forse quasi a livello hitchcockiano, ma ciò non gl’impedì di ritrarre con questo “Gideon's Day” per l’UK, aka “Gideon of Scotland Yard” per gli US [stretto tra l’antologico-irlandese “The Rising of the Moon”, che in “The Majesty of the Law” racconta in piccolo di un’altra (mezza) giornata nella vita di un altro ispettore di polizia, Dilllon (Cyril Cusack), alle prese con un rovello morale/affettivo ed etico/legale, e il semibiografico-bostoniano “The Last Hurrah”, sul tentativo da parte di Frank Skeffington (Spencer Tracy), aka James Michael Curley, di essere eletto per la quinta volta quale sindaco di una grande città capitale di uno stato (per cui in passato ha anche ricoperto la carica di governatore) del New England], la - per l’appunto - giornata (dall’alba non ancora sort’a rischiarare il mattino al tramonto inoltrato che sfocia nell’insopita notte) impegnativa – fatta di poliziotti corrotti e spacciatori, pazzi stupratori assassini, rapinatori omicidi e fotografie da conservare in un cassetto – di un ispettore (e come già detto non fu l’unico piedipiatti incorniciato dal regista maine-hollywood-irlandese) di Scotland Yard, pedinandolo da vicino, tra casa/famiglia e lavoro/colleghi.

 


Film non-binario dal PdV etico-morale, e certamente non bonario in senso lato, che si avvale di un cast d’eccezione composto da stelle e caratteristi dell’epoca, con Jack Hawkins (reduce da “The Bridge on the River Kwai” e in attesa di “Ben Hur” e “Lawrence of Arabia”) affiancato da Cyril Cusack, Dianne Foster, Anna Lee, Maureen Potter, Grizelda Hervey, Marjorie Rhodes, Jack Watling, Andrew Ray, James Hayter, Howard Marion-Crawford, Michael Trubshawe, Derek Bond, Barry Keegan, John Loder, Ronald Howard, Laurence Naismith, Francis Crowdy, James Hayter e, alla sua prima apparizione, la talentuosa figlia d’arte Anna Massey (Peeping Tom, Bunny Lake Is Missing, Frenzy, Five Days One Summer, the Machinist). Merita una menzione il fugace apparire sulle scale di Hermione Bell, qui alla sua unica interpretazione cinematografica.

 


Sceneggiatura da manuale di T. E. B. Clarke (adattamento del primo libro di una lunga serie di romanzi di John Creasey, aka J. J. Marric, che compongono la saga dell’ispettore/comandante George Gideon), fotografia di Freddie Young e Charles Lawton Jr., montaggio di Raymond Poulton, scenografie di Ken Adam (le miniature degli edifici e delle infrastrutture e i modellini degli autoveicoli sullo sfondo al di là delle finestre dell’ufficio di Gideon) e musiche di Douglas Gamley. Produce Michael (Morris, 3rd Baron) Killanin (già membro della Camera dei Lord, futuro presidente del Comitato Olimpico Internazionale e amico di lunga data di John Ford di cui fu il factotum sul set di “the Quiet Man”) e distribuisce Columbia.

 


“I could tell you a few things about executions… They're not very dramatic. You know, they're rather an anti-climax after the trial. Three weeks in jail and then one morning the long walk. And it won't be a bit like you imagine, the heroine with her head held high… They'll drag you there half doped and vomiting with terror. That's the worst thing about hanging: it's so undignified…” Jack Hawkins (George Gideon) a Dianne Foster (the Lady of Capricorn Club).

 


“Volevo andarmene via per un po’, così dissi che mi sarebbe piaciuto fare qualcosa su Scotland Yard, e andammo là e lo facemmo.” – John Ford a Peter Bogdanovich.    

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