Regia di King Vidor vedi scheda film
Un film declamatorio e retorico basato su un assurdo amore folle irrealizzato perché la donna rifiuta coinvolgimenti emotivi, e sviluppato su una vicenda assurda e per una tesi sballata, forzata e travisata: l'indipendenza dell'artista viene travisata in esaltazione dell'individualismo più sfrenato ed egoista, contro gli interessi sociali, forse per gratuita e tardiva adesione al maccartismo più retrivo, per cui ogni attenzione sociale puzza di comunismo e quindi di antiamericanismo; Cooper è sempre stato uomo di destra molto impegnato, e il film sbandiera l’indipendenza dell’artista da ogni impegno sociale (cosa accettabile per un pittore più che per un architetto, che occupa spazi e impiega lavori di molti… o per un regista) ma non da impegni politici di estrema destra.
Un cinico proprietario di giornale, pronto ad ogni calunnia per vendere di più, provoca il momentaneo declino dell'architetto amato dalla donna, che tuttavia sposa proprio lui! Ma alla fine lui si pente e converte e dà al nobile architetto carta bianca e tutto il denaro necessario per consentirgli di costruire come vuole, e si uccide per lasciargli anche la moglie. Prima l'architetto aveva fatto saltare con la dinamite un gruppo di abitazioni popolari da lui progettata, perché il progetto era stato modificato da funzionari pubblici (non dal direttore del giornale, come invece racconta Mereghetti) per ragioni non chiarite ma proposte come "sociali"; motivazione suggerita come riprovevole in quanto tendenzialmente comunista e in quanto contraria all'indipendenza dell'arte.
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