Regia di John Ford vedi scheda film
Primo film interamente sonoro di John Ford, The Black Watch delude parzialmente e si attesta tra le numerosissime "prove generali" e "variazioni sul tema" fordiane, in vista dei capolavori più noti (dagli anni '30 in poi).
Se una certa staticità è imputabile alle attrezzature dell'epoca, quando la sonorizzazione era solo agli inizi, un problema maggiore si riscontra nei dialoghi, troppo simili a didascalie in certi casi, troppo retorici e altamente improbabili in altri. Bisogna tuttavia ricordare che le sequenze parlate furono girate dal britannico Lumsden Hare, imposto dalla produzione con risultati imbarazzanti (Ford voleva girare una pellicola solo parzialmente sonorizzata, e ciò si vede soprattutto nella recitazione degli attori, troppo iperbolica).
La love story tra la black watch (in India per una missione speciale) interpretata da Victor McLaglen e la principessa indiana a capo di un gruppo sovversivo (Myrna Loy) scade nel comico involontario in diverse occasioni (lo stesso Ford dirà che le scene in questione sono "davvero orribili, lunghe, verbose, senza alcun rapporto con la storia: un totale disastro. Quando le vidi mi venne da vomitare").
Il plot e i suo risvolti non coinvolgono e non convincono, fino al disastro per quanto riguarda il "gran finale".
La retorica militaresca irrita e lascia trapelare il razzismo implicito in ogni nazionalismo.
Tuttavia, persino in questa pellicola non del tutto riuscita, emergono delle isotopie figurative che troveremo (abbiamo trovato) e ameremo (abbiamo amato) sempre più spesso nel suo cinema: colpisce il modo di rendere l'inclusione/esclusione degli individui dalle microsocietà cui appartengono o vorrebbero appartenere (la soluzione preferita è l'inserimento di porte e architravi che demarcano i confini: si veda il buon inizio), non stupisce e alleggerisce i toni l'uso di sketch a base alcolica, un vero topos dai tempi del seminale Straight Shooting (e probabilmente dei film a questo precedenti, ad oggi perduti).
Marcie, parate, alcool, battaglie, wilderness, canzoni e cameratismo saldano l'immaginario fordiano, sempre sul limite di una pericolosa ambiguità, in particolare per quanto riguarda le questioni razziali: è difficile, in film come La guardia nera, comprendere quanto il piano dell'enunciazione sia in sintonia con gli enunciati e gli enunciatori, e solo un'analisi più attenta rispetto a questa breve e superficiale carrellata può portare una maggiore chiarezza alla questione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta