Regia di John Ford vedi scheda film
Inizio con qualche dato: 3 Bad Men fu girato l'anno successivo al più fortunato The Iron Horse, il quale in un certo senso ne eclissò la fama.
La fabula presenta molte affinità con quella di un film perduto interpretato da Harry Carey (quasi dimenticato protagonista dei primi Ford, tra i quali gli splendidi Straight Shooting, Bucking Broadway e Hell Bent: John Wayne si ispirerà al suo stile di recitazione naturale e preciso per tutta la carriera). Questa pellicola scomparsa, Marked Men (che Ford considerava il suo muto preferito), si pone come una delle tante variazioni sul tema "criminali che si redimono", assieme a The Three Godfathers, Stagecoach e appunto 3 Bad Men.
Tornando a quest'ultimo, è un dato di fatto che la Fox, dopo una proiezione non particolarmente fortunata, maneggiò notevolmente il montato, eliminando tantissime scene, fino al punto in cui il regista sbottò dichiarando di non volere il suo nome nei credits (che nonostante tutto è presente).
Questo è inoltre il suo ultimo western fino al celeberrimo Ombre rosse, del 1939: è implicito il ruolo di summa e di chiusura rispetto ad un ciclo molto lungo assunto da 3 Bad Men e lo statuto contrario di rinascita assunto dal film con John Wayne.
La trama si snoda lungo la strada percorsa dai cercatori d'oro del Dakota, nel 1877. Tre banditi, i tre "uomini cattivi" del titolo, prendono a cuore una giovane pellegrina che ha perso il padre e decidono di proteggerla da uno sceriffo corrotto che ha messo gli occhi su una mappa in possesso della ragazza: i tre bad men, che dimostrano invece di possedere un cuore d'oro, arriveranno persino a trovarle un fidanzato (!), un cowboy vagabondo interpretato da George O'Brien, altra star fordiana del periodo (ricordiamo per esempio La grande sfida [1929] e Dominatori del mare [1931] ).
I tre birbanti, nonostante tutto, è l'eccellente risultato di tante pellicole precedenti (imperfette, anche quando mirabili), di tanti "studi", come quelli che farebbe un pittore prima di dipingere un capolavoro, che finalmente danno, dopo dieci anni di gavetta, un frutto senza paragoni nel panorama dell'epoca: forse per la prima volta è palese che il regista dietro la macchina da presa potrà regalare perle del calibro di Stagecoach, The Searchers e The Man Who Shot Liberty Valance.
Tutti quelli che oggi sembrano stereotipi, ma che sono stati fondati da Ford stesso (almeno al cinema), si trovano amalgamati in un'opera dalla leggerezza e dalla freschezza ancora intatte, modernissima e coivolgente: lo snobismo di chi giudica prima di conoscere e la mancanza di nobiltà di chi nasconde dietro un distintivo solo i propri interessi personali; le scazzottate e i deliri alcolici (alquanto funzionali per alleggerire i toni: è una trovata utilizzata sistematicamente in ogni suo film); l'immensa wilderness americana e la civiltà che avanza inesorabile (molto prima di How The West Was Won o dello stesso Liberty Valance); lo scontro tra microsocietà in viaggio, clan, famiglie, e quindi l'accettazione o l'esclusione da queste.
A volte si obbietta a Ford di aver esaltato la conquista del west, lo sterminio degli indiani e falsificato la storia: è una critica che si fa per ingnoranza, perché non si sono visti i suoi primi film, che già contengono quella poetica della nostalgia che sarà di Peckinpah (ogni suo film), Leone (C'era una volta il west), Eastwood (Broncho Billy e altri). In The Last Outlaw (o quello che ne rimane), in Bucking Broadway e in questo 3 Bad Men è già palese la consapevolezza della fine del west, poiché Ford l'ha vissuta in prima persona. Ford aveva già visto il west con il punto di vista che poi adotteranno i registi della New Hollywood, non gli rimaneva altro, una volta esaurite le possibilità che questo sguardo concedeva, che buttarsi a capofitto con la sua fantasia in avventure che non sarebbero mai più rivissute nel mondo reale, ma solo su un grande schermo, per poi ancora una volta, a fine carriera, ritornare agli inizi.
Ma poi, al dì là di tutti questi discorsi, basterebbe la corsa all'oro del pre-finale per fare di questo film una pietra miliare, con centinai di cavalli e carrozze che sfrecciano nella pianura, una corsa talmente adrenalinica ed emozionante da entrare di diritto tra le migliori sequenze di tutto il genere western: onore agli stuntmen (ricordiamo che anche Ford lo era stato) e al povero bambino che ha rischiato di essere travolto da una mandria di cavalli affinché noi, oggi, potessimo godere di questo spettacolo (una scena che oggi non si potrebbe girare senza ricevere miliardi di denuncie, e a ragione direi!).
Se poi capita di vedere questo film in una cornice come Piazza Maggiore a Bologna, nel contesto del Cinema Ritrovato, con una fantastica partitura nuova di zecca di Timothy Brock eseguita dall'Orchestra del Teatro Comunale, allora l'esperienza può divenire qualcosa di davvero unico nella vita, uno spettacolo irripetibile. Da riscoprire!
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